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mercoledì 8 marzo 2017

Alessio Arena: candidato al Nobel per la letteratura - intervista di Emanuele Scaduto



Può esistere al mondo un tipo di poesia che sarebbe facile definire come “ingarbugliata”: decomporre gli elementi emotivi e quelli stilistici in piccole fazioni felici attraverso un’operazione di più ampio respiro non porterebbe a nulla. Esiste, al contrario, la convivenza.

Qual è il malessere all’origine della tua urgenza?
Non ho nessun malessere, solo gioia. La poesia è una felice, luminosa preghiera laica alla bellezza.

Che cosa caratterizza, secondo te, l’epoca in cui viviamo?
Noto tanto individualismo, personalismo. Vedo la gente in un mondo continuamente connesso, vedo la gente che si chiude. Siamo in cerca di una cultura globale che miri a superare i limiti culturali, politici, economici.

Dove risiede, oggi, il male?
Il male, oggi, risiede nell’indifferenza. Assenza di empatia, superficialità nelle relazioni interpersonali. E’ questo che ci avvelena dall’interno.

Quali sono i tuoi riferimenti letterari?
I miei maestri sono Pasolini, Neruda, Rilke, Baudelaire, Prevert, Eliot.

Che cos’è la poesia?
La poesia è l’esaltazione delle luci del mondo. Parafrasando Garrani: “è uno sguardo attraverso” o una “natura vaporosa”. La parte indefinibile di noi stessi.

Qual è la tua idea di mondo?
Il mondo è un contesto caratterizzato da una reciprocità emozionale, un contesto in cui, in qualunque momento, è possibile riconoscerci ed essere riconosciuti. Solo in questo caso lo spazio in cui ci troviamo si fa mondo.

Definisci la creazione.
La creazione non è definibile. Essa prevede la rielaborazione di qualcosa che già esiste. C’è qualcosa in più: una scintilla, quella dell’immaginazione. Non possediamo una visione oggettiva del mondo e ci è limitato il suo controllo.

Quanto è incisiva la realtà? E quanto l’immaginazione?

Tutti hanno immaginazione. Ci sono tanti, però, che sembrano castrarsi. Tanti che vivono prigionieri della propria realtà. Negare la realtà immaginaria significa negare noi stessi.