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martedì 9 dicembre 2014

Ricordi di guerra

Anno '41 e così via, tempi di guerra, c'era fame per tutti, la sera quando si poteva fare una minestra con lo sminuzzo della pasta mescolata era gran festa. Mi ricordo che tanta gente cucinava il farro con le verdure mischiate, per aumentare quello che si metteva nella pentola di rame antica "a quarara"; In questo modo le famiglie numerose (a quei tempi lo erano quasi tutte) potevano mangiare un piatto di minestra calda, e questo non se lo potevano permettere tutti - solo i più fortunati, e quelli che avevano più abilità.

Tutte le notti, nei nostri cieli, passavano gli aerei e si sentiva quel rumore cupo e minaccioso che ci terrorizzava tutti, facendoci tremare le gambe.
Mia madre in quel periodo metteva a letto me e i miei fratelli vestiti, e anche lei e mio padre, quando c'era, si mettevano a letto vestiti perché appena si sentiva suonare la sirena d'allarme eravamo pronti a scappare per le campagne.
Una notte hanno bombardato Bagheria, chi scappava di qua e chi scappava di là, la gente terrorizzata che gridava. Passavamo dalle strade e inghiottivamo polvere, perché lì erano cadute le bombe ma noi ignari ci passavamo, era notte e c'era buio; la polvere ci seccava la gola e cercavamo un po' d'acqua per liberarcela.
Era estate perché ricordo le montagne in lontananza incendiate, la gente che gridava terrorizzata e le montagne ai miei occhi di bambina era come se ci fosse la fine del mondo.
Abbiamo passato tanti mesi nelle campagne, chi nei pagliai e chi persino nelle stalle dove di solito dormivano gli asini. Quando la notte passavano gli aerei andavamo nei sottopassaggi delle strade a dormire perché in quel modo ci sentivamo più protetti. C'era così tanta fame che alcune persone mangiavano le ranocchie che trovavano nelle cisterne, una di queste una volta chiese una padella a mia nonna. Noi bambini curiosi, ci siamo andati dietro e abbiamo visto che nella padella di nonna friggevano le ranocchie. Noi bambini abbiamo riferito la cosa alla nonna e le abbiamo imposto di buttare la padella.
Una mattina mi sveglio sentendo la voce rauca di una vecchietta che gridava finiu a guerra, a Napoli sgraccò Badoglio – voleva dire sbarcò e invece disse espettorò.
Dopo la guerra abbiamo visto il peggio del peggio: la fame era troppa, non c'erano soldi né vitto e mancavano persino i fiammiferi. Ricordo quei tempi lontani, il paese era molto piccolo, la gente in estate si sedeva davanti le porte al sole. Le donne portavano i capelli in crocchia e li pettinavano sull'uscio di casa, quelli che restavano nel pettine li sfilavano, li arrotolavano tra le dita e li conservavano, a volte nascondendoli nei piccoli buchi che c'erano nei muri delle strade aspettando che da Palermo venivano dei tipi che per due scatole di fiammiferi volevano in cambio grammi 100 di capelli. Sempre da Palermo venivano a cercare pentole di rame che pagavano pochi spiccioli.
In questo periodo chi tra i bagheresi aveva dei parenti in America cominciò a ricevere dei pacchi di vestiario smessi e qualcuno mandava anche dollari ai parenti in necessità. A questo proposito un tizio afferrò la palla al balzo per un lavoro di scambio e così ebbe occasione di un lavoro continuo e remunerativo, a giudicare dal tempo che dedicò a questa sua attività: passava per tutte le strade di Bagheria gridando a gran voce vi canciu i dollar, e poi si metteva anche alla punta della piazza principale del paese.
In un quartiere alto del nostro paese ci fu una persona che avviò l'attività della vendita di indumenti americani usati e a quei tempi tanta gente si vestiva in questo modo con pochi spiccioli.
Proprio in questo periodo cominciò un altro lavoro per gli uomini di Bagheria, lo chiamavano "intrallazzo": prendevano il treno alla stazione, lo caricavano di frumento e altre merci e andavano per altri paesi dove queste cose mancavano. Ricordo che questo lavoro era proibito ma ero troppo piccola per ricordarne il motivo, fatto sta che un bel giorno arrestarono tutti quelli che lo facevano, tra questi tre dei miei zii, e ci vollero delle conoscenze influenti per farli liberare, asserendo che erano tutti padri di famiglia che si guadagnavano un pezzo di pane in quei tempi difficili e con i mezzi disponibili.
Ricordo che in quel periodo successe un fatto tragico: un giovane al quale era morto il padre, essendo il primogenito, aveva il compito di provvedere alle necessità della sua numerosa famiglia e intraprese questo lavoro. Una sera il treno era affollatissimo e a lui toccò stare sul tetto coricato sopra i sacchi di frumento. Si addormentò e passando da una galleria troppo bassa morì schiacciato. Tutta Bagheria provò un enorme dispiacere per questo povero ragazzo. Poco tempo dopo la madre intraprese il lavoro del figlio ed è stata una gran donna che sfamò la famiglia e che seppe anche costruire un avvenire ai figli.
Dopo la guerra tanta gente cominciò ad espatriare, chi partiva per il Venezuela, chi per la Germania, chi per la Svizzera dove si sapeva che si guadagnava. Non posso fare a meno di fare una riflessione: oggi è 30 aprile 2013, hanno appena costituito il governo, ma quale differenza con il periodo che ho appena narrato? I giovani non hanno lavoro in particolare nella nostra Sicilia, partono per le nazioni di cui sopra tra i quali uno dei miei figli che si trova in Svizzera.
Signori miei che posso dire a questo punto? Abbiamo i posti più belli e suggestivi del mondo, noi siamo abitanti di uno dei paesi più belli e importanti della Sicilia; da noi ci sono ville settecentesche, mare e clima stupendi, siamo compaesani di illustri personaggi come Guttuso, Tornatore, Buttitta, Maraini,... ma siamo con le tasche vuote e la spazzatura che ci sta coprendo il territorio.
Perché non troviamo mai governi che ci tirano fuori da questa sorta di maledizione che abbiamo sulle nostre teste?
Che amare riflessioni per tutti quelli che siamo in questa barca e speriamo che almeno i giovani sappiano nuotare.

Pina Tomasello