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mercoledì 7 gennaio 2015

La roba di tempo


La roba di tempo si raccoglie tra novembre e febbraio, è il frutto della zagara primaverile - dà limoni che cantano –, ma da queste parti le piante fanno limoni due volte l'anno, come i cagnoli, una volta in autunno e una volta d'estate - la produzione forzata – ma stai attento, non è cosa di tutti, ci devi sapere fare, la pianta parla e la devi ascoltare, le devi guardare le foglie, i pampini, a luglio va sfoltita - in quel momento nascosti ci sono i limoni piccoli: si tagliano i rami in eccesso, certo qualche limone se ne va lì in mezzo alle frasche, ma quelli che restano – che meraviglia! - si ingrassano, diventano una gioia. É a questo punto che interviene il maestro campagnolo: toglie l'acqua. Sì, alla pianta gli fa desiderare l'acqua. La chiamano patienza: la pianta va in sofferenza, le foglie si afflosciano, lei impreca acqua, te la chiama, abbivirami abbivirami, lei dice, abbivirami, certo chi ne capisce qualcosa può sentire la voce soffocata, non certo tu che sei una patella da scrivania...

Hai rotto i coglioni, dice Antonio.
Questa è roba importante, roba di campagna, stai zitto e ascolta, allora, ti dicevo: il maestro campagnolo non si commuove, patisci pianta, patisci, e lei intanto abbivirami abbivirami  ma tranquillo, è tutto sotto controllo, il campagnolo sa quello che sta facendo. La pianta desidera e lui intanto beve dal bummolo di terracotta che si porta dappresso – alla faccia della pianta che grida abbivirami. Il maestro campagnolo guarda il cielo, lo vede giallo come il sole e dice: ancora è presto; afferra il bummolo e si cala altro mezzo litro di acqua; la pianta lo guarda e non dice più abbivirami abbivirami, gli grida un'altra cosa, devi morire di subito con l'acqua ai polmoni e buttare sangue dal cuore a riempire una vasca e farti il bagno – che la pianta quando c'è parlare da con tutti i sentimenti, se la fida. Poi, arrivati a tre quarti di luglio, il campagnolo si decide e organizza la prima abbeverata, la prima vicienna. Finalmente la pianta la smette gridare abbivirami e di insultare la madre del contadino.
Bene, non rompe più i coglioni, dice Antonio.
Zitto. Si dà l'acqua di notte perché il sole non la deve vedere, la terra così se la succhia tutta, non ne lascia manco una goccia. A tre quarti di luglio. Due settimane dopo, a occhio e croce, la seconda botta d'acqua, ovvero la seconda vicienna, ma è il campagnolo a decidere quando, se qualche giorno prima o qualche giorno dopo, se dargliene tanta oppure di meno; decide pure se è il caso di dare una terza vicienna. La pianta si prende l'acqua, tutta quella che può, le radici assorbono e lei attisa, diventa verde brillante come una femmina che si prepara per andare a una festa, e poi ringrazia: spara.

Si riempie di fiori e ogni fiore è un limone e tutti questi limoni li raccogli all'inizio dell'estate successiva. Li chiamano verdelli o bastarduna (questa è mercanzia che te la vendi a peso di tutti denari). Negli altri posti della Sicilia la produzione forzata non la fanno – non sanno parlare con l'albero -, perché di coltivare le piante così sono esperti i bagheresi che loro strozzano gli alberi e pure il territorio. 


(tratto da L'estate che sparavano)

Giorgio D'Amato