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martedì 3 marzo 2015

AAS LAB: temere

È un periodare asciutto di punteggiatura il tubo dei pensieri in questa notte di scirocco, può essere imprudente anche il sudore, assale, sale e acqua, alla radice della nuca e sopra il labbro, lo tiro via col dorso della mano, mando giù la mucillagine che affiora in gola, una risacca che si ribella alla luna mi tiene a bada i polsi e gli occhi bassi.
Devo pensare, devo restare sveglia, devo rimanere lucida.

Le chiavi in tasca, sempre, ma quello ormai da tempo. Le chiavi di casa, quelle della macchina, nella tasca dell’impermeabile. Cento euro nascosti  dentro l’orlo, l’impermeabile deve stare appeso sopra tutti gli altri. Il cellulare dov’è, io non indosso  mai un pantalone senza tasche, il cellulare è in tasca. Ho buttato via da tempo pantofole e ciabatte, le scarpe ai piedi sempre, quasi persino per dormire, per fingere di dormire, questa notte, vestita sotto le lenzuola a pregare un santo qualsiasi che non sia vero che tutti i giuramenti vanno in cielo.

E loro che mi dormono vicino, miodiosignore che innocenza amniotica vena le palpebre socchiuse, loro da adesso sono solo miei e tu dammi braccia di quercia e gambe di gazzella, e fiato almeno fino a che non sia domani, fino a che sia fuori di qui l’alba che apre a un altro sole, e fiato ancora per raccontare loro un’altra storia, che è solo un brutto sogno quella voce che sibila puttana, se parli ancora di andartene ti giuro che t’ammazzo, ti scanno troia insieme ai nostri figli, e poi il sorriso stanco di quel carabiniere, signora torni dentro  e resti calma, che litigate in famiglia se ne fanno, perdoni a suo marito, faccia pace, ecchessarà, è il padre dei suoi figli, vedrà domani sarà tutto passato.

Patrizia Sardisco