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venerdì 11 dicembre 2015

Cinico Natale - Cicciobello mangiato dai surci


Che giusto è che a Natale tutti ci regalano cicciobello e la barbi alle picciridde e io, a mia nipote Ginetta, assai assai un paio di quasette o di mutandine?
Mia sorella Rosa dice: ti pigli pensiero senza motivo, noi manco le quasette avevamo quando eravamo picciridde.
Vero è, però allora non le avevamo né noi e manco gli altri, e se qualcuno voleva fare lo sperto ci finiva male, attipo Onofrio Cudduredda, che un giorno si presentò con un berretto di lana nuovo nuovo e Totò Cornadura ci dette un pugno, glielo fece cadere di ‘ntesta, ci fece scarpetta in una merda di vacca e glielo spalmò sulla funcia. Altri tempi. Ora invece tutti hanno tutte cose, e per babba ci pigliano a Ginetta, che non ha il cicciobello.
Il fatto è che io per questa mia nipote c’ho un affetto esagerato, perché è una bambina d’oro. A otto anni si può dire che si guadagna il pane, lavora fino alle nove di sera senza dire ahi, no come quella lagnusazza di sua madre, che alla sua età alle sette stava ancora a letto a dormire e faceva voci tutto il giorno che voleva un vestito per l’inverno e uno per l’estate. Ginetta invece non si lamenta mai.
Perciò basta, ho deciso che quest’anno per Natale ci faccio il cicciobello che piange. L’ho visto stampato sul giornale dove c’erano avvolti i pomodori, un pupo grosso e biondo che pare Gesù bambino, che appena ci dai due colpi nel didietro comincia a piangere come un nutrico vero.
Due giorni prima della vigilia ci faccio vedere ‘stu pupo a Saviuccio, che ogni mercoledì va a Bellolampo a fare il carico, e lui mi dice che me lo può portare per tre chili di patate.
Alla fine però mi deve ringraziare se ce ne do un chilo e mezzo, perché il pupo che mi porta è sì grasso e biondo e c’ha gli occhi azzurri come quello del giornale, ma ha pure un braccio tutto mangiato dai surci e soprattutto non piange manco se ci infili le spingole negli occhi.
Mi dispiaceva di darci ‘stu pupo inutile a Ginetta, e mi sfirniciavo su come si poteva risolvere la cosa. Quando si dice il destino! Proprio allora piglia e passa la zia Antò che come al solito si portava appresso il sacchetto dei gatti randagi per andare ad annegarli nell’Oreto, e a me a colpo mi viene ‘sta bella pensata.
Dopo che ci ebbi cucito la panza, il cicciobello venne preciso come quello della pubblicità. Bastava che lo ammaccavi un poco e il gattino cominciava a fare voci di disperazione.
Ginetta appena lo vide non si poteva tenere dalla contentezza, se lo annacava tutto e stette tutta la sera a darci colpi, che non si saziava di sentirlo piangere. Quasi mi venne da piangere pure a me, per la commozione.
Solo che il giorno dopo era di nuovo tutta abbattuta:
“Gioia mia” ci dissi “che successe? Non ti piace più il cicciobello?”
“Si è rotto, nonna. Non piange più”.
Amore della nonna. “Non si è rotto, babbaredda, si sono scaricate le batterie. Non ti preoccupare, vatti a fare i lavori che ora la nonna te le va a comprare nuove, vai”.

Letizia Lipari