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lunedì 20 febbraio 2017

Scimmion

Nei vagoni passanti per le stazioni, viaggiano ragazzi con i libri in mano.
E’ domenica sera e la vicinanza agli esami si fa sentire, perché le ragazze non esagerano con il make-up, perché ragazze e ragazzi vestono largo e pare non esista centimetro di capello che non sia stato stressato. Che io non ho da farne di esami, eh? Quel periodo è passato eppure ancora oggi sento di avere qualcosa in comune con loro, con gli studenti. Sarà che ogni giorno, da tre anni, vivo nell’ansia degli esami quotidiani. Quali chiavi vanno dove e a che ora, qual è la chiave di accesso alla home banking, a partire da quale banca - quella fallita la settimana scorsa o quella fallita due mesi fa - arriverà il pagamento dello stipendio. Ma non può essere finita qui, no. Ci deve essere qualcos’altro in più. Osservo gli altri tre che ho attorno. Spero un giorno di poter scegliere se stare in mezzo all’odore di arrugginito misto piscio di qualcun altro, che questa domenica mattina avrà preso il treno regionale per tornare a casa e dormire. Dopo qualche stazione non penso più al sudiciume nella carrozza. Forse perché mi ricorda quella, la più bella esperienza. No dai alla fine l’odore della domenica sera non é così male. E nemmeno lei è così male. Mi rivedo nel suo sonnecchiare, avvolta nello scialle a scacchi, la bocca un po’ aperta e lo sguardo che non cambia. Anche l’altro occhio le si chiude. L’aria esce dalla sua bocca producendo un suono controllato. Ha i capelli legati.


Lo chiamavo “scimmion”. Tu mi correggevi, e mi baciavi.


Roberto Zagarese