Anna a terra, scomposta, una chiazza
dietro sembra la luna, ma è rossa. Sembra un'aureola, ma non da
altari. Altari di terra, altari di carta. Sembra la luna che oggi
illumina questa città di morti, di assassini, di morti ammazzati, di
carnefici, di innocenti. Di vittime. Groznyj, bruciata, saccheggiata, sventrata.
Molto meno recito tra le labbra. Sono
preghiere per i tuoi e i miei morti, piango. Io li piango.
Piango per
Vania, Aisha, 60 anni, nonna. Apre la porta e rifiuta la birra. Aisha
apre la porta, rifiuta la birra, e se ne vanno.
Aisha, apre la porta, non cercano più
la birra, le si siedono accanto sul letto. Nonna adesso non vogliamo
più la birra, le sussurrano. Hanno il viso più limpido che ci sia
questi soldati mandati a rovinarsi la vita. E' gratuito. Dare la
morte. Permesso. Nonna non abbiamo bisogno della tua birra. Lo sparo
Aisha lo sente, è in cucina che avviene. Lei è con uno di loro sul
bordo del suo letto. Pensa ai bambini nella stanza accanto, li sente
piangere, la sua giovane nuora. Speriamo non la violentino di fronte
ai bambini. E' già morta? Il ventre squarciato da pallottole
illegali che schizzano in tutte le direzioni incontrando le viscere.
Aisha sente le budella, le guarda, le raccoglieranno dentro una
coperta, ma solo al mattino la portano via. Suo figlio. Aisha ha ferite dentro e fuori
che piagano in deiescenze purulente. Molto meglio di mio marito che è
morto. Di mio figlio che nutre il suo odio come la mia piaga.
Adesso basta. Lasciala riposare.
No, voglio parlare. Anna devi
ascoltarmi, voglio parlare con te Anna. Voglio parlare con te che
racconterai al mondo. La Cecenia, l'olocausto. Una zaciska, un
controllo. Legati insieme come un covone, bimbi, vecchi, padri e
madri, sorelle. Una granata e... Bum tanti, solo pezzi.
Anna.
Anna...
Anna...tu devi raccontare l'orgia
legale dei miei capelli scalpati a furia di tirarli, hanno portato
via la più piccola. L'hanno violentata. In quest'orgia legale
notturna di capi consapevoli e capi colpevoli. La piccola Dada non la
vedremo più. Uccisa. Da suo padre per la vergogna. Nessuno stupro
denunciato.
Questa striscia di sangue, Anna, questa
striscia di sangue, Anna.
Questa striscia di terra, Anna, grande
come la Calabria, ma sul Mare Salato, devi raccontare.
Come ebrei, armeni, ceceni decimati,
etnie destinate all'odio dell'olocausto. All'oblio di capi
conniventi. Alla deriva delle delazioni. Questi veleni devi
raccontare, che coviamo inermi senza riscatto. Capro espiatorio di un
impero zarista mai tramontato. La prima guerra cecena e la seconda
guerra cecena...
Tre colpi, uno dritto al cuore, l'ultimo alla testa. Eri già morta. Quattro bossoli e una
Makarov PM.
I tuoi occhi appena venati, gli
occhiali ceduti a terra, hanno lo sguardo che ha raccontato i pazzi
figli della Grande Madre. Dai capelli imbrattati colano nel sangue i bambini
terrorizzati della scuola 1 di Breslan, lentamente con le esplosioni e le mani
mozzate, il teatro Dobrovna le tue suppliche inascoltate alla mediazione. Tutto questo sangue versato fa una grande pozza
dietro la tua testa, sembra un'aureola. Ma è rossa.
Non per altari. Altari di carta, altari
di polvere.
(26
ottobre 2006 Anna Politkovskaja viene uccisa con tre colpi sparati da
una Makarov, il quarto proiettile fu esploso alla testa, ma era già morta.
Giornalista
russa, nata a NY, figlia di diplomatici americani, con cittadinanza
americana, dopo la caduta del comunismo in Unione Sovietica aveva
aderito ad un cartello di gionalisti indipendenti che facevano della
libertà di stampa la loro missione. Partecipava al gionale moscovita
Novaja Gazeta, conosciuta in tutto il mondo per gli articoli
denuncia sui soprusi perpretati dall'esercito dei federali russi
sulla popolazione Cecena durante la seconda guerra antiterroristica portata avanti da Putin. Poco prima di morire stava pubblicando un
nuovo articolo su questi soprusi.)
Clotilde Alizzi