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martedì 10 giugno 2014

Anna Politkovskaja. Cecenia, il disonore Russo


Anna a terra, scomposta, una chiazza dietro sembra la luna, ma è rossa. Sembra un'aureola, ma non da altari. Altari di terra, altari di carta. Sembra la luna che oggi illumina questa città di morti, di assassini, di morti ammazzati, di carnefici, di innocenti. Di vittime. Groznyj, bruciata, saccheggiata, sventrata.
Molto meno recito tra le labbra. Sono preghiere per i tuoi e i miei morti, piango. Io li piango.


Piango per Vania, Aisha, 60 anni, nonna. Apre la porta e rifiuta la birra. Aisha apre la porta, rifiuta la birra, e se ne vanno.
Aisha, apre la porta, non cercano più la birra, le si siedono accanto sul letto. Nonna adesso non vogliamo più la birra, le sussurrano. Hanno il viso più limpido che ci sia questi soldati mandati a rovinarsi la vita. E' gratuito. Dare la morte. Permesso. Nonna non abbiamo bisogno della tua birra. Lo sparo Aisha lo sente, è in cucina che avviene. Lei è con uno di loro sul bordo del suo letto. Pensa ai bambini nella stanza accanto, li sente piangere, la sua giovane nuora. Speriamo non la violentino di fronte ai bambini. E' già morta? Il ventre squarciato da pallottole illegali che schizzano in tutte le direzioni incontrando le viscere. Aisha sente le budella, le guarda, le raccoglieranno dentro una coperta, ma solo al mattino la portano via. Suo figlio. Aisha ha ferite dentro e fuori che piagano in deiescenze purulente. Molto meglio di mio marito che è morto. Di mio figlio che nutre il suo odio come la mia piaga.
Adesso basta. Lasciala riposare.
No, voglio parlare. Anna devi ascoltarmi, voglio parlare con te Anna. Voglio parlare con te che racconterai al mondo. La Cecenia, l'olocausto. Una zaciska, un controllo. Legati insieme come un covone, bimbi, vecchi, padri e madri, sorelle. Una granata e... Bum tanti, solo pezzi.
Anna.
Anna...
Anna...tu devi raccontare l'orgia legale dei miei capelli scalpati a furia di tirarli, hanno portato via la più piccola. L'hanno violentata. In quest'orgia legale notturna di capi consapevoli e capi colpevoli. La piccola Dada non la vedremo più. Uccisa. Da suo padre per la vergogna. Nessuno stupro denunciato.
Questa striscia di sangue, Anna, questa striscia di sangue, Anna.
Questa striscia di terra, Anna, grande come la Calabria, ma sul Mare Salato, devi raccontare.
Come ebrei, armeni, ceceni decimati, etnie destinate all'odio dell'olocausto. All'oblio di capi conniventi. Alla deriva delle delazioni. Questi veleni devi raccontare, che coviamo inermi senza riscatto. Capro espiatorio di un impero zarista mai tramontato. La prima guerra cecena e la seconda guerra cecena...
Tre colpi, uno dritto al cuore, l'ultimo alla testa. Eri già morta. Quattro bossoli e una Makarov PM.
I tuoi occhi appena venati, gli occhiali ceduti a terra, hanno lo sguardo che ha raccontato i pazzi figli della Grande Madre.  Dai capelli imbrattati colano nel sangue i bambini terrorizzati della scuola 1 di Breslan, lentamente con le esplosioni e le mani mozzate, il teatro Dobrovna le tue suppliche inascoltate alla mediazione. Tutto questo sangue versato fa una grande pozza dietro la tua testa, sembra un'aureola. Ma è rossa.
Non per altari. Altari di carta, altari di polvere.


(26 ottobre 2006 Anna Politkovskaja viene uccisa con tre colpi sparati da una Makarov, il quarto proiettile fu esploso alla testa, ma era già morta.
Giornalista russa, nata a NY, figlia di diplomatici americani, con cittadinanza americana, dopo la caduta del comunismo in Unione Sovietica aveva aderito ad un cartello di gionalisti indipendenti che facevano della libertà di stampa la loro missione. Partecipava al gionale moscovita Novaja Gazeta, conosciuta in tutto il mondo per gli articoli denuncia sui soprusi perpretati dall'esercito dei federali russi sulla popolazione Cecena durante la seconda guerra antiterroristica portata avanti da Putin. Poco prima di morire stava pubblicando un nuovo articolo su questi soprusi.)


Clotilde Alizzi