Alba La Mantia |
Un disegnatore di illustrazioni che colora con acquerelli o tempere ha sul suo tavolo da lavoro anche un asciuga capelli. Ovvio. Quindi lampada più asciugacapelli collegati alla presa di corrente. Si forma nella mia mente un'immagine terrificante.
Quindi per prima cosa via i barattoli colmi d'acqua ormai coloratissima, il miscuglio in genere assume un colore tipo cane fuggente nella notte con una punta di color Bank-Man, in gergo pittorico palermitano: culuri di canazzu 'i bancata, sfumatura del beige tipicamente sicula che solo gli artisti indigeni conoscono e qualche volta, se capita, utilizzano.
Metto via l'asciuga capelli, Poi il nastro di carta gommata appallottolato e la carta assorbente in un unico blocco da buttar via insieme ai riccioli di matita e di qualche pastello usato come rinforzo su qualche sfumatura. Riccioli accumulati nel contenitore apposito ma attenzione, devo togliere il tempera matite che per comodità lascio tra i riccioli e la polvere di grafite.
I pennelli! Li porto fuori sul tavolo del terrazzo accanto ai barattoli e alle vaschette e alla tavolozza in plastica, tutto questo sarà lavato alla fine dei lavori di riordino dello studio.
I pastelli, rimetto in ordine la grande scatola di legno, metto in fila precisa i pastelli, in perfetto ordine come tanti soldatini, controllo che non ne resti fuori nemmeno uno. Ripongo la scatola.
Il grande barattolo con tutti i pennelli, via, sullo scaffale. Ecco la scatola con i tubetti delle tempere, metto il coperchio e via sullo scaffale anche lei! Via le gomme dure e morbide, riposte insieme e temperini. Anche loro hanno la loro brava scatola che li attende.
Adesso....adesso è la parte difficile. La parte dolorosa. Due settimane di schizzi, di abbozzi, di prove. Incredibile, decine di fogli. Anche nel grande pannello di sughero appeso alla parete davanti al tavolo sono infilzati strati di schizzi e ritagli, alcuni tenuti insieme da una pinza fissata al pannello, altri con il nastro adesivo. Il mazzo di schizzi di anatomia asinina. Un altro blocco per fissare bene in mente la dentatura degli asini, altro fascio con decine di occhi di asini. Le code e le terga! Disegnare o no i monticelli di deiezioni? Nel dubbio imparo a disegnare anche quelli, possono sempre venire utili.
Ecco il primo disegno di senso compiuto, mi sono affezionata a quella forma, metterlo via è come salutare una persona cara, ho il magone...
E tutti gli schizzi dell'omino ideato come asinaio? Tozzo come Sancio ma con coppola e baffoni come s'addice ad un asinaio siculo. Che anche la sicilianità esige la sua mercede!
Metto via anche i blocchi di carta di varie grammature, i fogli con le prove colori, anche loro nel sacco della carta per la differenziata. Man mano il grande tavolo da lavoro si svuota, tolgo la tavoletta su cui fisso i fogli e lo pulisco per bene. Ogni schizzo che metto via mi allontana dall'asinello e dalla sua storia. Mi era divenuto familiare, quasi parlavo con lui e che gioia quando ho trovato la forma giusta per il suo piccolo asinello partorito tra la paglia, oh...solo accennata! La scena non doveva essere rubata da troppi particolari, essenzialità è quel che serve. Immediatezza di comunicazione. Già, la comunicazione. Per un illustratore è tutto! Deve fare a meno delle parole, la scena deve essere immediatamente visualizzata e compresa da tutti, grandi e piccoli. Il racconto deve apparire superfluo, un di più, giusto una puntualizzazione. Una gara tra chi scrive e chi illustra. A chi è più conciso e preciso, un bel duello! Chissà tra me e il narratore chi avrà la meglio? Non lo saprò mai.
Ma intanto la mia asinella si allontana, ne soffro così come soffro ad ogni opera che lascia il cavalletto, che esce dallo studio, quasi come accompagnare un figlio all'altare: andrà via, per conto suo e non sarà più la tua creature. Il dolore è lancinante.
Una strana sensazione, come se la gola fosse stretta da una mano che soffoca, un velo di tristezza, anzi, proprio tristezza quando la “creatura”, sia essa di pochi centimetri oppure un grande pannello di tela attraversano la porta dello studio per raggiungere un altro luogo o semplicemente una parete della stessa casa o, come in questo caso, un cassetto ma in altro luogo, lontano, a me sconosciuto. Adesso lavo il piano del tavolo, metto via il cavalletto, la tavoletta. La lampada sarà anch'essa pulita a dovere, nemmeno la più piccola macchiolina del lavoro terminato deve restare! Tutto in ordine. Lo studio nel suo tripudio di colori, barattoli, libri, boccette, vasetti, rotoli di carta, scaffali stracolmi, pareti traboccanti di quadri e disegni di tutte le dimensioni ma con quel piano da lavoro così pulito e sgombro... lo studio sembra vuoto! Quasi un abbandono, un tradimento. Ogni opera è un parto. Ogni fine-opera è una morte. Ogni pulizia generale è seppellire quel che è stato creato perché si possa accogliere il nuovo, la nuova idea, la nuova scintilla creativa. Come in inverno l'albero che si spoglia in attesa dei boccioli primaverili.
Un paio di giorni, passo e ripasso davanti alla porta aperta dello studio, faccio agguati all'asinello, come se dovesse tornare..ma non c'è!
Al terzo giorno mi sveglio con un'idea fissa, un colore, una forma. Appena posso corro nello studio e in pochi minuti come sbucati dalla borsa di Mary Poppins ecco che di nuovo si schierano colori e matite, tele e carte, e si ricomincia con nuovi schizzi, un nuovo entusiasmo, quasi un furore e l'asinello è lì, un ricordo, pare che si allontani pian piano lasciando un bagaglio di informazioni ed esperienza su zampe, cosce occhi e sorriso asinino.
E via, si parte verso un nuovo orizzonte, un nuovo viso o un paesaggio, ogni inizio una nuova avventura in sella ad un pennello o una matita.
Alba La Mantia