Provavo dolore. Un dolore
insopportabile, indistinguibile, era il dolore della rabbia e della gelosia, un
dolore a me solito. Non posso scordarmelo, ero nel pieno della guerra, un
proiettile mi aveva perforato la giacca, ma non solo questa, aveva bucato la
foto di lei, della mia amata Erza, penso di non aver mai provato tanta rabbia
in vita mia, ricordo solo che il foro del proiettile si era chiuso, mi ero
alzato e, lentamente, mi stavo incamminando verso il fuciliere oltre la trincea,
gli arrivai a qualche centimetro dalla bocca di fuoco, provò a spararmi ancora
e ancora, avevo la giubba coperta di sangue e fori di proiettili.
Gli afferrai il fucile e lo piegai verso di lui, per poi
piantarglielo nella fronte, una gioia infinita.
Il suo sangue scorreva veloce sul mio braccio, aveva una strana
reazione, si stava lentamente colorando di nero e pian piano si scaldava.
Iniziò a prendere fuoco, da lì bruciarono anche il fucile e il
fuciliere, avevo capito che tutto ciò non era normale, non era possibile... E
mi piaceva.
Vedevo la gente soffrire davanti a me.
Tremare per le mie gesta.
"Avanti luridi, soffrite, urlate!"
Continuavo ad gridarlo, gioivo della loro sofferenza, e più loro
soffrivano più la fiamma nera che avevo al braccio si innalzava.
Tutto divenne noioso quando nessuno più era in campo, avevamo
vinto, ero triste, non vedevo più espressioni tristi, non udivo più urla di
paura.
Era tutto passato...ma almeno avrei rivisto Erza, il solo
pensiero mi aveva calmato e rallegrato, la fiamma si era spenta, i fori di
proiettile erano scomparsi lasciando il posto a delle cicatrici, i miei occhi
erano finalmente sereni.
Poi l'impensabile, trovai Erza con un foro di pistola alla
fronte, il sangue che le incorniciava il viso, i capelli scarlatti si
mimetizzavano col sangue, il vestito saturo.
Non sopportavo quella visione, le fiamme iniziarono a sorgere
dal mio braccio, erano imponenti, come la solitudine, come la
morte, come colei che mi attendeva, fiamme possenti che circondarono tutto il
mio corpo, iniziarono a bruciarmi da fuori, una morte indegna, pure lenta e
dolorosa.
Tranquilla Erza, sto venendo, ti terrò caldo.
Benedetto Aricò