Quando la signora Jennifer l’aveva chiamata nella sua stanza, Alessandra non si era insospettita neppure per un secondo, pensando, visto il periodo, ad un normale scambio di auguri tra colleghi. Certo la signora Jennifer non poteva dirsi una collega nel senso proprio del termine, ma piuttosto, un recente regalo del precariato che Alessandra stessa aveva più volte difeso dalle solite malelingue, diffusissime nel suo ufficio, veloci ad associare un gradevole aspetto esteriore alla totale mancanza di intelligenza.
Oltretutto in quella stanza, e con il collega Azzurrino che lì era rimasto, aveva trascorso tre anni della sua vita lavorativa, per questo Alessandra era entrata fiduciosa, rispondendo all’invito e aspettandosi nulla di meno e nulla di più se non un brindisi con il solito spumante acquistato al supermercato di fronte.
Pertanto, l’assoluta mancanza di sia pure una briciola di panettone o di pandoro non l’aveva messa in allarme e nemmeno la domanda “tu conosci Monia Gallone?” che la signora Jennifer le aveva rivolto, appena entrata, le era sembrata sospetta. Strana si, ma niente di più. Piuttosto quel nome l’aveva risucchiata in un attimo, in un vortice di ricordi, belli e dolorosi quanto possono esserli quelli di quarant’anni di amicizia interrotta immotivatamente. Ma che c’entrava Monia con la signora Jennifer? Questo si era chiesto immediatamente Alessandra e in un istante il suo fervido cervellino si era affannato a cercare un possibile collegamento tra due persone che francamente non avrebbero potuto essere più diverse. Che diavolo aveva in comune questa sconosciuta con la sua ex amica oramai diventata anche lei una sconosciuta? E proprio per questo, immersa nei miliardi di pensieri evocati da quel nome, Alessandra impiegò un po’ a capire che il collega Azzurrino (che però si faceva chiamare vezzosamente Rodolfo) nel pronunciare la criptica frase: “ecco, ora il quadro è completo!”, con il tono più esultante che la sua vocetta fessa riuscisse a raggiungere, non si stava riferendo ad un rinnovato interesse per l’arte, ma proprio a lei alla sua ex amica Monia Gallone. Ma in pochissimo tempo si rese conto di trovarsi al centro di una situazione a dir poco grottesca.
Infatti, dal richiamo ai “dipinti” alle offese, punteggiate da paroloni come “ti diffido”, “ti intimo”, scagliati a casaccio da quell’incompetente di Azzurrino, il passo fu breve. Esposta al fuoco di fila delle cazzate dei due Bonnie e Clyde, la sempre più attonita Alessandra, si vide attribuire la colpa, parzialmente condivisa con l’amica Monia, di tutta una serie di “disgrazie” che, a loro dire, stavano subendo sia in famiglia che nel lavoro. Naturalmente risultarono del tutto inutili i tentativi dell’esterrefatta Alessandra di spiegare ai due soggetti schierati davanti a lei, in assetto da interrogatorio, che, in primo luogo, lei e la citata Monia Gallone, ormai da anni non condividevano nemmeno il saluto, figuriamoci gli ameni pettegolezzi di cui le accusavano e soprattutto che NON ESISTEVA UN SOLO MICROSCOPICO MOTIVO PER CUI LEI RITENESSE LA LORO ESISTENZA DEGNA DEL SUO PREZIOSO INTERESSE.
Così, mentre i due, sordi alle proteste di innocenza della poveretta, si scambiavano occhiate soddisfatte, all’improvviso, nella mente di Alessandra si aprì uno squarcio: quel paraculo del suo collega Azzurrino, noto all’intero universo come grandissimo fancazzista e rubastipendio, al quale peraltro, lei stessa aveva un tempo riconosciuto inesistenti virtù umane, aveva convinto la bella seguace del “tacco 12” che il suo fine fiuto investigativo avesse centrato l’obiettivo: la fonte di quella valanga di voci che già da giorni si rincorrevano, nel posto di lavoro suo e della sua “santa subito” consorte” (di cui, per inciso e fortuitamente Monia Gallone era collega), era stata inchiodata alle sue responsabilità. Peccato che l’indegna donnetta dalla lingua pugnace, da lui smascherata, fosse proprio quella sbagliata! Tra tutti i possibili candidati all’oscar della Gola Profonda 2015 -2016, l’incommensurabile coglione aveva beccato l’unica fuori concorso.
“Evidentemente sto’ stronzo, oltre ai chili di troppo, deve aver smaltito pure il cervello”, pensò, rassegnata Alessandra, mentre alle sue orecchie risuonavano le voci malevole che riempivano da sempre i locali di quell’ufficio piccolo e molesto e che lei, scettica ed indifferente per natura, non aveva mai voluto ascoltare, e nella sua mente tornavano ad affacciarsi le immagini di quanti giusto dietro a quei due, solo gli ultimi in ordine di tempo, avevano storto le boccucce e arricciato i nasini.
Così, stufa marcia di ascoltare oltre quello sproloquio di minchiate, Alessandra impugnò con forza la cucitrice che aveva sfiorato con la mano per tutto il tempo e la scagliò in direzione dell’antro infernale da cui uscivano tante parole sconnesse, ovvero la boccaccia di Azzurrino. Il rumore dei denti che si sgretolavano e la vista del sangue che usciva copioso tra le dita dell’ex ciccione che si teneva il viso dolorante, furono le ultime immagini che vide Alessandra, uscendo da quella stanza, non prima di avere consigliato alla signora Jennifer che la guardava con gli occhi sgranati, di scegliersi meglio, per il suo bene, gli uomini di cui fidarsi.
“Comunque buon anno anche a voi” disse, infine Alessandra, sorridendo in direzione della porta già chiusa.
Antonella Renda