Sono un po’ in ritardo all’appuntamento. Troppi genitori da incontrare oggi a scuola. Bernardo è già lì, seduto al tavolino con il suo nuovo direttore. Mi fermo un attimo e lo osservo a distanza. È bello Bernardo: braccia forti, abbronzato, pettorali scolpiti, non sembra un uomo di penna, più un nuotatore direi. Ride, sicuro di sé - e forse questo mi ha fatto innamorare -, sorseggia dal bicchiere una tonica, col limone sicuramente. Mi pettino, aggiusto la giacca. Mi sudano un poco le mani: è la prima volta che mi presentano come fidanzato. Bernardo ha insistito tanto, e giusto col nuovo direttore, per festeggiare la nomina a caporedattore. Non so se è stata una buona idea. Ma forse ha ragione lui, devo aprirmi, superare i miei timori.
E che sarà mai? Attraverso la strada, sono quasi da loro, sorrido, e lo sguardo del direttore mi cade addosso, paralizzandomi, e rivolge a Bernardo un sorriso di intesa, una risata che dice “ma guarda quello”. Mi si ferma il respiro. Vedo Bernardo cambiare faccia, precipitare in un attimo dall’alto delle sue sicurezze, annaspare alla ricerca di qualcuno, attaccarsi con forza ad un’esile speranza: “Forse mi sono sbagliato” pensa, forse non è lui che indica, forse quell’uomo lì, sì sì, potrebbe essere, quello col cappello da mago e la bici da corsa”. Si guarda intorno. Alzando la voce il direttore” Ma guarda là quel deficiente come si è conciato, che gente di merda”. “Quello lì,” indicandomi con un gesto esplicito del mento. Bernardo finisce di precipitare. Si afflosciano i muscoli, sbiadisce l’abbronzatura. Non ha il coraggio di guardarmi. L’avevo detto che non mi sembrava una buona idea. Raccolgo l’agenda che mi è caduta e continuo dritto, senza fermarmi. Come sono sempre stato, invisibile.
Claudia Villani