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mercoledì 16 luglio 2014

Morire ascoltando Casadei - con la voglia di fare l'amor.



Le sue mani ovunque. Ti voglio ancora ancora, qua adesso. Ma siamo per strada. Folle! Adesso! Ma siamo al mare. Non resisto, ora. Ma siamo all'ufficio postale per pagare il telefono. Ora. - Fammi fermare il tempo, mi diceva, mentre mi tirava a sè.
Ci siamo conosciuti per caso ma io l'ho preso subito. Lui era pieno di me. Stava da solo e anche io. Forse ero stata attratta dal bianco dei suoi capelli, che mi rassicuravano. C'era una festa al mare e musica a volontà. E "La mazurka di periferia", e stavo già tra le sue braccia. Mi baciò e mi portò a ballare. Da quella sera non smise di volermi. Mi veniva incontro e diventavo calamita. - Fammi fermare il tempo, mi diceva, mentre mi tirava a sè. Aveva comprato il cd col brano che ascoltavamo in macchina. Era carburante per lui, alimentava le sue voglie durante il tragitto e arrivava a destinazione carico. A volte lo facevamo prima di arrivare, conoscevo tutte le stazioni di servizio e i cessi degli autogrill. Il velluto dei sedili auto riportava le nostre sagome.

Non voleva smettere di avermi, di farlo. Era diventata un'esigenza viscerale, profonda, che apprezzavo. Conoscevo gli sgabuzzini di tutti i supermercati, scuole, le sale d'aspetto di tutti gli uffici. In auto, sul treno, in aereo, in ogni posto, ora e luogo. Mi pretendeva, senza preavviso. - Fammi fermare il tempo, mi diceva, mentre mi tirava a sè. La domenica mattina andavamo al cimitero e lui mi voleva pure lì. La solita necessità che non riusciva a trattenere. Dovunque fossimo aveva bisogno di sentire che ero sua. Là e subito. In pochi secondi allungava le mani, mi stringeva e non potevo più liberarmi. Avevamo anche la nostra cappella di marmo, l'ultima casa della famiglia, boh? Era così antica e scolorita dal sole che non si leggeva il cognome. Il sabato sera invece tornavamo nel posto al mare dove ci eravamo conosciuti e avevamo fatto l'amore per la prima volta. Mentre la nostra mazurka suonava, lui mi possedeva dentro i locali della rimessa; ci tenevamo ai motoscafi e ai motori delle barche, la notte. Quella sera, che caldo faceva, lui stringeva e si agitava. Non era stato mai così rosso e mentre mi prendeva, cantava E la mazurka di periferia... la nostra canzone.
Io non ci capivo più nulla e partecipavo alla passione e godimento. Non riuscimmo a raggiungere il solito posto e rimanemmo in pista, travolti. Pressione alta, non so se ho esagerato; paonazzo, forse per il forte caldo, lui si è riscaldato troppo, il cuore accelerato su 180 frequenze. Era sconvolto e mi è "strombazzato" di sopra davanti agli sguardi increduli di tutti i presenti. Cominciai a urlare "sangu mio", a cantare E la marzurca di periferia...non avevo capito che, questa volta, era andato. Senza respiro. Senza finire, rigido, morto con la voglia di fare l'amor. Sudato, livido, poi canuto, lo stesso colore della sua barba. Stecchito su di me. Ha fermato il suo tempo, anche se, questa volta, prima di dirmelo. Mi ha amato da morire. Continuo a cantare e a pensare a come ci siamo conosciuti, ogni sabato sera ritorno là a cercarlo. Mi metto al centro della pista e ballo con chi capita. Ricordo la festa sul mare e il cantante che intona la nostra canzone...


È la mazurka di periferia
scaccia pensieri
tanta allegria.
Ci basta un grillo
per farci sognare
metti la quarta e balla con me.
Con la mazurka di periferia
ti vien la voglia
di fare l'amor.
( La mazurka di periferia di Raoul Casadei )




Antonella Tarantino