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mercoledì 6 agosto 2014

Ai miei piedi (Scarpe Diem)

Scarpite
Sscarpofobia
Scarpocondria
(dipendenza da scarpe, boh?)

Mi sono posta la domanda: "Quale sarà il termine adatto?" Ho cercato di dare un nome esatto alla malattia della quale sono affetta. Non mi riferisco ad una patologia degli arti inferiori, ma a quella voglia libidinosa che mi prende e che mi obbliga a possederle.
Non saprei spiegare esattamente il motivo di questa passione. C'è chi ama la musica, la letteratura, il cinema, chi adora gli animali : Io sono malata di scarpe!

Un desiderio profondo e folle pervade il mio corpo, la mia mente, secondo un messaggio chimico collegato ad un segnale visivo. 
Fa caldo oggi. Non è importante. I pensieri non sudano. L'aspetto fisico, invece, mi condiziona, mi confonde: è un limite utile per me. Da questo aspetto nasce l'amore viscerale che provo per le mie appendici estreme e proviene dall'esigenza di coprirle non considerandole particolarmente aggraziate. Amore ed odio in un magico connubio, lì nascono le mie voglie.
Voglia di possedere un gran numero di scarpe, piacere nell'osservarle e scegliere quelle da acquistare e da indossare - come un'ape regina che sciamando sceglie i suoi fuchi.
Ho una stanza tutta per loro, dove le tengo dentro a scatole chiuse, in bella mostra, tutte in fila, allineate perfettamente in ordine su dei ripiani appositamente predisposti. Mentre le osservo provo una sensazione di serena e compatta tranquillità, quella che tutte le cose accoppiate mi procurano. Le mie scarpe sono indivisibili e sono la prova scientifica che l'uomo riesca a guardare due cose contemporaneamente. Devo ammettere che questa deduzione logica mi dà gioia - come in una serata di primavera quando senti che l'aria non è più fredda e vedi volare una foglia che si alza al vento.
Succede. E mi piace. Mi piacciono di tutti i colori, modelli e forme e mi perdo nella diversità dei materiali di cui sono fatte. Nella diversità delle misure dei loro tacchi: alti, con zeppa, a stiletto, e nei diversi modelli con cerniera, lacci, spuntate.
La loro presenza è rassicurante: ci sono sempre state e riesco ad associarle ad ogni avvenimento importante della mia vita. Le mie scarpette da ballo, quelle della Prima Comunione, quelle con cui ho pronunciato il mio si, quelle da barca, quelle da sera. Quelle che indossavo quando l'ho visto per la prima volta, che la pioggia grande ha bagnato e che il sole forte non ha ritrovato. Mi mancheranno.
Le passo in rassegna, le osservo: con queste sono andata al teatro per la prima volta, con quelle al compleanno di Daniela; queste le ho indossate a Natale - che eravamo ancora una famiglia - e nascondo questa emozione e affondo in secondi di memoria.
Vedo le facce di chi era lì, con me, e le scarpe ai miei piedi.
La mia tristezza aumenta se penso che per forza di cose mi sono persa la possibilità di indossare gli anfibi, perchè ora so che la scelta di una scarpa può cambiarti la vita: pensate alla fortuna di quella scarpetta ritrovata unica in tutto il reame. E che figura avrebbe fatto "il gatto senza stivali" solo sui suoi cuscinetti ammortizzanti.
Le mie scarpe catturano interesse e sguardi ammiccanti: E come su di una passerella mi ritrovo sfoggiandole. Non saprei dire se le uso come mezzo di tortura personale godendo della sofferenza di posizioni innaturali. o come mezzo di seduzione secondo una narcisistica esibizione. Vanno e vengono con me, di pari passo; non aumentano la mia autostima, non modificano la mia sorte, e a volte mi fanno soffrire.
Non sollevano il mio animo ma mi tirano su regalandomi centimetri in più.
Adoro stare sui tacchi alti, perchè sono quelli che mi differenziano dal genere maschile - sono la mia targhetta di identificazione - in un certo senso.
Le mie scarpe non mi lasciano mai da sola. Sono indipendenti ma accoppiate come viti ai loro bulloni, in serie.
Si mantengono in "par condicio"; una a destra e l'altra a sinistra; le loro posizioni non si possono invertire, né confondere. Se ne stanno alla giusta distanza - che come due istrici che se si avvicinano troppo i loro aculei li respingono.
Con le mie scarpe riesco ad andare e a tornare in giornata senza perdermi e se qualcuno mi propone di mettermi nei suoi panni con franchezza rispondo: "Mi metterei nelle tue scarpe, ma non ho la minima idea di ricambiarti il favore, Non puoi chiedermi questo!".
Sulle mie scarpe il mondo cambia contorno: l'altitudine dilata la visione delle cose alterandone le dimensioni. Mi piace essere sempre all'altezza e adoro le piccole cose, le piccole attenzioni : "Sono quelle che contano, no?" Cerco di convincermene, mentre conto le scarpe che mi portano via, nella libera idea dell'altrove, quando resto qua.

Il tempo scappa.
Non tornerò di certo sui miei passi, amo camminare.
Mi piace pensare che "tra una scarpa o l'altra" andrò in punta di piedi, e tornerò sulle mie scarpe nuove.
Mi piace pensare che il mio nome sia Imelda Marcos e contare grandi cifre.
Mi piace chiamarmi Nina e pensare che sono lo stesso fortunata: le scarpe le hanno inventate!
Mi piace trastullarmi al pensiero che le mie scarpe più belle devono ancora arrivare!

Antonella Tarantino