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venerdì 24 ottobre 2014

Morire ascoltando Lauretta mia


Ma quanto ero tranquillo e beato l’altra sera? Potevo immaginare mai quello che quel gran cornuto mi doveva combinare?
Ero tutto allungato –per quello che può uno corto un metro e sessantuno – pantaloncini e canottiera, sulla mia bella sdraio, sul balcone piccolo di casa, quello all’angolo della via dei Cassari, che lì ci arriva sempre un poco di vento dalla Cala: meno male che la bonificarono, prima non potevi rimanere affacciato più di cinque minuti; dentro pure i muri sudavano.

Che potevano essere le dieci, dieci e dieci? Mi stavo scialando con una mezza forst ghiacciata e quel venticello santo (meglio dell’aria condizionata che mi devo prendere per forza quando consegno l’acqua negli uffici), e intanto mi guardavo un film, uno di quelli antichi in bianco e nero che fanno sempre in estate, era con Totò e Peppino, quello quando lui, Totò, detta una lettera a Peppino per una certa signorina che vorrebbe ammuccarisi il nipote, che ormai gli mancava poco a prendersi la laurea. Certo il televisore è nel salone e per sentirlo dal balcone bisogna metterlo un poco alto, ma tanto lo fanno tutti, ed è tempo perso che la signorina dopo il telegiornale ci dice di non fare i vastasi e di tenere basso il volume dell’apparecchio tivvù, specie se ci sono le finestre aperte. Insomma eravamo arrivati proprio al punto della dettatura, che Totò quando comincia io non la finisco più di ridere, che certe volte mi scappa e per arrivare in tempo al gabinetto devo farmi di corsa tutto il corridoio.
Debbo spiegare che di fronte al balcone mio c’è un cornuto, cornuto perché la moglie se l’è andata a prendere dalla Scandinavia, senza motivo dico io, e ha le gambe lunghe quanto tutto lui, e hai voglia di metterci la balza nel balcone, che quella porta sempre la minigonna e dalla strada tutti alzano gli occhi e le guardano le cosce.
Insomma sul più bello questo cornuto integrale fa partire, dopo una giornata che ce l’aveva risparmiata, “Lauretta mia” che a me non è che poi dispiace tanto, ma non si può sentire tutti i giorni perché lui è immalinconito per sua figlia che si è sposata una settimana fa.

T'ho sognata vestita d'argento
eri un angelo sceso dal cielo
e domani vestita di velo
papà tuo ti porta a sposar

Gli dico, Gioacchino, per favore puoi abbassare un pochettino, tanto le parole ormai le conosciamo tutti alla Vucciria, ci basta la melodia, magari più bassa per cortesia!
- Ma che vuoi dire, che sto disturbando? E allora quando tutto il quartiere si deve assuppare Marco Marfè dalla tua cucina?
E mentre dice questo alza ancora il volume, cosicché tutto il mondo ascolta Lauretta mia, bimba adorata!
Non ci vedo più, afferro la prima cosa che mi capita tra le mani, che è la mezza birra, e gliela tiro dal balcone.

Quando il destino è infame può capitare anche che tu possa diventare all’improvviso un tiratore scelto: lo presi in fronte, proprio al centro, e la birra era più di metà, per cui fece assai danno. Barcollò un po', si tenne alla ringhiera, ma la testa insanguinata gli pesò più del dovuto e fece un volo, giù in strada, finendo per atterrare sul suo carretto, quello con cui tutto il giorno gira, o meglio girava, per il quartiere vendendo i cd pirata.  

Giuseppe Pippo Visconti