Google+

giovedì 29 gennaio 2015

Angoscia



Londra è sempre buia e grigia, foschia, grigio fumo, che ricorda un ratto.
Io odio il fumo, color grigio fumo, odio i ratti e odio te. 

Questa ossessione lo disturbava, riempiva il suo pensiero. 
Jason Smith  era alto, la sua larga giacca nascondeva il suo fisico atletico, tanto da farlo sembrare innocuo e leggero. La folta chioma bionda lo faceva apparire un giovane scapolo attraente.  Era un banchiere, gratificato dalla  posizione che occupava. Il suo lavoro lo portava a fare viaggi all'estero.
Potenza e soldi degenerarono la sua mente e il suo aspetto. Divenne prematuramente vecchio. I suoi capelli grigi adesso  ben si adattavano alle foschie mattutine di Londra. La sua valigia, che portava sempre con sé, piena di documenti, soldi e pratiche bancarie divenne il luogo dove trovarono  spazio i suoi nuovi strumenti di piacere. Nei suoi passi metteva fretta, anche se i tragitti da percorrere erano brevi.
Quella mattina di Novembre uscì fuori che aveva appena cominciato ad albeggiare per respirare aria fresca. In realtà cercava lei, desiderava rincontrare la sua ultima vittima, preda di un gioco perverso.
Continuò a cercarla ma non la rivide quella notte.
Lei si chiamava Elisabeth, ma il suo nome era solo un dettaglio per lui.
Si incontrarono per caso; il destino è duro e ti fotte quando meno te l'aspetti, che hai abbassato la guardia, intorno silenzio che ti ritrovi in un cimitero vuoto e chiuso, che il guardiano è andato via, le catene appese al cancello e le luci si sono accese, puoi sentire solo il muoversi dei cipressi che il vento ha smesso di attraversare e l'ombra è morta nel punto in cui la luce non c'è più, aghi e foglie sul selciato vuoto.
Nella  mente di Jason  riecheggiavano mugugni e sospiri e le voglie di lei si confondevano fino a morire nell'ultimo grido di piacere. Tutto ciò lo turbava, momenti di cruda realtà si mescolavano a voglie malate nell'attesa di rivederla. Elisabeth condivideva quell'attesa, anche lei voleva rivedere lui, il mostro che con forza malvagia  aveva stuprato il suo corpo, invaso la sua vita in quel gioco perverso di scambi, che ti chiedi  chi è la vittima. Gioco di ruoli, gioco di ombre, giochi di luce riflessa che non ti specchi più, che non ti riconosci. Guardami!
Io odio il fumo, color grigio fumo, ratto.
Jason no. Lui no. Questo pensiero attenuava la sua ossessione.
Un serial  Killer sa dove mettere le mani, pensava Elisabeth mentre disorientata continuava a seguire le sue tracce, lo immaginava, bramava la sua presa. Ho bisogno di vederlo, vederlo ancora. D'un tratto fissò da lontano alcuni cipressi oltre la luce che si apriva attraverso due dita di persiane non chiuse. Dita che scorrono su un bicchiere, toccano il fondo di quella birra: fa male. Non riuscì a scegliere di non ricordare.

Elisabeth sente ora  le mani di lui, il suo corpo riflesso sullo specchio, il letto, le tende color glicine, e comprende: il suo amato incubo è un sogno? Ama il suo dubbio. Jason tutte le notti prende la sua valigia, percorre la stessa strada dove pensa di poterla incontrare. Dove brama di finire il suo lavoro. Insonnia e birra gli fanno compagnia. Elisabeth ignora la luce del nuovo giorno, resta immobile;  tante notti lo ritrova nel suo incubo indispensabile: manager dei suoi sogni.
Londra. Fumo, color grigio fumo, silenzio.

Nina Tarantino