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giovedì 16 aprile 2015

Le panelle

Le due cognate decidono di preparare le panelle domenica a cena. Il pomeriggio domenicale è lungo da passare, con la preparazione delle panelle si tengono impegnate e i brutti pensieri vengono posti in un luogo remoto della mente.


Cominciano a sciogliere la farina di ceci in acqua, mettono sul fuoco e mescolano – la mescolata è importante – manca il prezzemolo! Non ti preoccupare ho una pianta di prezzemolo fuori dalla finestra. L’odore della frittura intasa tutti gli ambienti della casa, il piatto con la carta assorbente è pronto per accogliere le panelle calde. Ma nel momento in cui si poggiano nel piatto si sbriciolano, il prezzemolo si ricompone a ciuffetti e come d’incanto ritorna nella pianta dov’era stato estirpato poche ore prima, la terra lo accoglie e gli ridà le radici, anche il vermetto è contento, potrà ritornare a cibarsi di queste foglie profumate. Nel piatto al posto delle panelle c’è una grande macchia di olio, la panella ritornata farina di ceci fa un lungo volo per la cucina prima di tuffarsi nella busta gialla.
Le due cognate assistono atterrite a questi eventi, guardano a bocca aperta l’animarsi delle cose. La busta della farina di ceci balla sul ripiano della cucina, pare che stia esplodendo, le due si avvicinano  con un bastone di scopa in mano e da lontano fanno cadere in avanti la busta indemoniata, escono fuori i ceci e la farina dov’è?
La cognata esplode in un pianto liberatorio e grida: questa è la buon’anima della suocera, io te lo dissi facciamo il funerale di diecimila euro e tu invece no, quello di cinquemila euro basta e avanza. Ora si sta vendicando! Perché essa fimmina tinta era in vita e fimmina tinta è da morta. Le due cognate non capirono mai i fatti successi quella domenica, ma una cosa è certa panelle in quella casa non se ne mangiarono più.
                                                                                                                            Caterina Guttuso