Google+

martedì 21 luglio 2015

Il romanzo cavalleresco secondo AAS


Il romanzo cavalleresco deve la sua popolarità e la sua diffusione al fatto che a quei tempi non esistevano ancora vegani sulla terra, per cui si potevano sfruttare i cavalli e scannare i draghi, inoltre le auto non erano state ancora inventate, altrimenti col cavolo che quei poveri cavalieri indossata la maglia della salute di ferro si sarebbero appollaiati in groppa a ronzinanti fracchi che non si arrivava mai.

Li chiamavano da ogni dove, e una volta bisognava difendere l’onore di una principessa (che spesso di bello aveva solo le proprietà), e un'altra combattere una guerra santa o addirittura cercare il senno di qualche svaporato sulla luna.
In realtà ai cavalieri sarebbe piaciuto rimanere a casa, fare la calzetta, spinzettarsi le sopracciglia, una french manicure. Si vocifera che sotto le armature alcuni portassero delle belle calzamaglia rosa, altri calze a rete, e non perdevano occasione di farsi il piedino sotto la tavola rotonda.
Di solito il poema cominciava con una bella invocazione alle muse, che se quel giorno l’avevano storta o peggio ancora avevano il ciclo, hai voglia di invocare. E dai, ti prego Calliope ispirami! – No, oggi non mi va sono stanca, quel toscanaccio con il naso grosso, un certo Durante, mi ha fatto fare gli straordinari. Quello sogna, si sveglia e chiama. Ma oggi l’ho mandato all’inferno!
Ed era inutile che il poeta le dicesse che gli faceva male la protasi, lei se ne fregava e ciarlava con le altre Muse.

E qual era il linguaggio adoperato? I versi, e che versi, a quanti ragazzi della cattiva e della buona scuola sono cadute palpebre e braccia nel tentativo di capirci qualcosa. Linguaggio solenne? No, solenne camurria. Ottave e rime.
Messere mi permette di passarlo a filo con la mia Excalibur, mi consenta, ma lei non se la doveva trombare la pulzella Ginevra.
Prego faccia pure, si accomodi, ma non sia lemme, all’imbrunire ho un drago da sopprimere e subito dopo devo correre a liberar Gerusalemme.
Il lettore siculo palermitano è sicuramente un estimatore del genere, abituato a pupi e paladini, egli predilige tra tutti i poemi: l’Orlando furioso, figura ricorrente e rieleggibile, che dimora nel castello delle Aquile, che esce una volta l’anno sfilando su un carro insieme a una certa Rosalia inseguito da una folla inferocita che strafoga babbaluci e simenza. Pare che durante il resto dell’anno l’Orlando si diverta a strappare alberi che scambia per mulini a vento e a scavare gallerie alla ricerca del senno perduto e spesso dimentica di farsi lo shampoo.

Adele Musso