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mercoledì 9 marzo 2016

Le minne di Sant'Agata - il Gattopardo raccontato dalle cameriere

Una serata faticosa,eravamo in tanti a servire, ma sempre ci trovavamo arretrati col lavoro; ma io gli occhi li avevo sempre su di lui, il Principe, che mi pareva un'anima in pena; si aggirava per le stanze di qua e di là e mai trovava posto; sembravano tutti a casa propria, tutti contenti, tutti a loro agio; soltanto lui pareva l'estraneo.
Gli passai col vassoio tra le mani e lo invitai a mangiarne, volevo consolarlo. Lui mi guardò e poi si servì. Poi lo vidi avvicinarsi al tavolo, guardare e scegliere, tra tutti, due paste che sono trionfi di gola, le "minne delle vergini"; sapevo che avrebbe scelto proprio quelli; io lo conoscevo, sono sicura che a lui piace il pistacchio e quella ciliegina sopra il dolce. Cercavo di indovinarne i pensieri, e mentre lo guardavo mi venne davanti l'immagine della Santa, la martire a cui avevano strappato i seni e che ora facevano bella mostra fra le sue mani. Lo vedevo assorto e indovinavo i suoi pensieri, le implicite allusioni erotiche, le scandalose suggestioni di questo dolce che invitava alla lussuria, che in altri tempi gli avrebbe messo allegria, ora, a me, suggerivano pensieri tristi. Ma come tutti li mangiava gustandone la prelibatezza e anche lui, sono sicura, risentiva ancora quell'irresistibile richiamo alle dolcezze, e all'intimità che evocava questo dolce! 
Mentre vagava assorto, sembrava non vedesse nessuno e quando giunse nella sala dov'era Tancredi con la bella Angelica, speravo che si sedesse con loro, speravo che finalmente trovasse un po' di quiete; mi accorsi subito che rifiutò l'invito del nipote; lui non si scompose e invece continuò la sua conversazione galante, lieto di essere al centro di quella festa con la sua bella fidanzata, ma io non riuscivo a darmi pace mentre lui continuava il suo vagare da una stanza all'altra. Lui era ormai fuori da quel mondo, in casa o fuori casa, niente ormai lo faceva sentire a suo agio. Io immagino che lui si sentisse un martire come quella Santa che rinnegando le bramosie di Quinziano si fece seviziare. Che i tempi non erano più i suoi e niente ormai gli importava e volentieri avrebbe lasciato questo mondo ormai. Il tramonto, la decadenza dei suoi ideali e delle secolari istituzioni, lo trascinavano in uno stato di indifferenza che mi offendeva. L'unica consolazione era il piattino che ancora teneva tra le mani, con le ultime briciole inebrianti del dolce che evocava in lui sensazioni non ancora sopite. 
Povero Principe mio.

Pina Tomasello