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venerdì 20 maggio 2016

Roulette

Niente. Uccidermi non era cosa mia. Non era più il caso di andare avanti. Insomma, la vita e tutto il resto. Uno schifo. Meglio non esserci più. E giocarsi alla roulette la possibilità di guardare tutti dall'alto. La questione era come farlo. Secondo quelli che mi avevano portato a galla le altre volte ero un recidivo. Un matto da legare. Ma che libertà è se non puoi neanche ucciderti come meglio credi?! Certo, per non riuscirci ci avevo messo pure del mio. La prima volta perché la lametta non raggiunse le vene. Da mesi facevo la barba con lo stesso rasoio, ma non potevo immaginare che non avrebbe più tagliato a dovere giusto in quel momento. Un'altra volta provai col gas. Aprii tutti i rubinetti della cucina e mi distesi comodamente sul divano, ma dimenticai una finestra aperta che fece disperdere l'essenza nociva. L'unico risultato fu una bolletta stratosferica. 

L'ultima volta fu quella che mi mise più giù di morale. Perché proprio mentre cominciavo a sporgermi dalla finestra la dirimpettaia decise di stendere i panni, si accorse di tutto e compose un numero che si tramutò in un soffice materasso sul quale atterrai. Ancora una volta sano e salvo. 
Ma ora la fine era inevitabile. Proprio sopra di me c'era un carico di mattoni sospeso in aria ed una corda che serviva agli operai del palazzo in costruzione. Dovevo solo tagliare il laccio e avrei finalmente potuto fare la mia puntata alla roulette. Sentii scorrere la corda e lo spostamento dell'aria. Poi il tonfo. Sordo. Potente. Ma io ero ancora una volta in piedi. Anziché schiacciarmi avevo ammattonato una macchina posteggiata al mio fianco. E chissà che cifra avrei dovuto sganciare stavolta.
Ma io volevo morire a tutti i costi. La roulette era il mio unico obiettivo. Volevo giocarmi l'anima. Ma visto che era stata una giornata non proprio fortunata decisi di andare a giocarmi almeno qualche soldo. Proprio alla roulette. Così, per esercitarmi. Puntai tutto sul 23. Uscì. Stavo quasi per morire. Lo sentivo che il cuore era in tilt. 
Prima di dimettermi dall’ospedale, quando tramavo già un ennesimo tentativo di suicidio, mi fecero vedere il mio nuovo conto in banca. 
Non era il caso di uccidermi più.

Dario La Rosa