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giovedì 23 giugno 2016

Juju

Succede di nuovo, apro gli occhi e non ricordo dove sono, mi cerco la pancia, è vuota: mi sale addosso il ghiaccio.
Penso alle donne che fanno juju, loro diventano uccelli e si infilano dalle finestre per prendere i bambini. Un attimo ed è tutto okay, riconosco l'odore di umido e cibo della stanza, allungo la mano tra le lenzuola e Precious è accanto a me calda, Mobo dice che le birds-women non possono arrivare qui, dall'altra parte del mare.

Cammino per il mercato, troppa gente, toccano Precious legata alla mia schiena, io li spingo, gli urlo in faccia. Il mercato non è tanto diverso da casa mia. Prendo la frutta, la stringo e la poso. Qui ci sono frutti nuovi: le pere, gialle, piene di polpa, le fragole, che a volte ti si sciolgono in mano e devi leccartele dalle dita.
Uomini arabi e neri e bianchi, tante donne con il velo (in Libia portavano tutte il velo). Attorno alle casse verdi della birra degli Africani urlano, ci sono carte da gioco sparse a terra. Uno di loro voleva imbrogliare: in due lo tengono fermo mentre un altro prende in mano un uovo, lo bagna con il contenuto trasparente di una bottiglia - è vodka, o gin - e lo scaglia a terra. Guardo i fili gialli di uovo tirati via dall'alcol e dall'acqua che cola dai banconi, verso i bordi della strada. Juju, maledizione juju! maledetti tu, la tua famiglia, i figli dei tuoi figli. I bianchi al solito non si accorgono di niente. Sento i piedi bagnati e freddi dentro le scarpe aperte. Ho ragione io, pure qui ci sono i wizards e le witches, è un posto pericoloso. Torno indietro.
Al porto di Zuara, sulla barca: tutte quelle persone attorno alla mia pancia, io grido, graffio, forse anche loro fanno juju, devono stare lontane. 
All'ospedale di Trapani, per partorire: le donne bianche piangono tutte, mami, mami, Jesus. Io non voglio aiuto, non voglio mani, voglio solo Precious, vado in bagno da sola, mi alzo, cammino, mangio, bevo, porto le borse: noi abbiamo il sangue forte dentro, lo diceva mio padre.
(Mio padre è morto, lo spiego alla maestra di italiano. In war, he was a militant – mi punto due dita in testa e premo il grilletto. Riapro gli occhi e rido forte: Oh, dont't worry dear, it was long long time ago
E tua madre?
Io no famiglia: disegno un albero sul quaderno, io non ho famiglia, sono caduta giù dall'albero, in Africa, come una noce di cola).
Mi alzo, il letto è troppo caldo, prendo Preprè in braccio, le succhio dal labbro il latte secco. 
Il corridoio è pieno di croci come la chiesa del mio paese (ma Jesus è buono, dicono a casa mia, è il juju che è pericoloso). 
Dietro la finestra il cielo sta diventando chiaro, io cammino avanti e indietro e voglio uscire, voglio correre.
Aspettiamo i documenti da sette mesi. Qui non c'è lavoro, però non c'è neanche la guerra. Ci danno da mangiare, e un euro e cinquanta al giorno.
Infilo la punta di un seno tra le labbra di Precious. Quando ci danno i documenti vogliamo andare in Germania, lì il juju davvero non può arrivare, è troppo lontano.