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mercoledì 6 luglio 2016

Madiba


Oggi, come ogni mattina, esco a correre. È un lusso quotidiano che mi concedo dopo ventisette anni passati in cella ed è anche l’unico momento in cui riflettere su me stesso e sulle mie decisioni. Nel paese l’odio razziale è ancora imperante, soprattutto tra i neri, che vedono in me l’occasione di rivalsa contro gli Afrikaner.
Devo pacificarlo e devo unirlo sotto un’unica bandiera, i cui colori anche le mie donne si rifiutano di indossare, e devo affrettarmi a raggiungere l’obiettivo. Stamane sono giunto alla considerazione che devo partire dallo sport. Quest’anno il Sud Africa sarà sede della Coppa del Mondo e, poiché amo il rugby, chiederò al capitano di vincerla. Lo sport ha il potere di unire il popolo e io penso che, se Francois guiderà la nostra squadra alla vittoria, dimostreremo che insieme, bianchi e neri, potremo farcela a risanare la ferita di questo paese martoriato. Lo incontrerò e gliene parlerò; so che capirà che si gioca una partita ben più grande, che tutto il mondo la seguirà alla tv e che io sarò circondato dai più importanti capi di stato; dovrà fare appello all’orgoglio dei suoi compagni di far parte di uno stato che non è ancora nazione, ma Francois è giovane, ha grinta e può regalarci emozioni. Sarà Invictus, come lo sono stato io, poiché “non importa quanto sia stretta la porta, /quanto piena di castighi la pergamena, / io sono il padrone del mio destino, / il sono il capitano della mia anima”.


Isabella Raccuglia