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mercoledì 7 dicembre 2016

La fiaba della malanotte


Meno male che siete morti entrambi. Adesso le coperte me le rimbocco da sola e le trecce finalmente le ho sciolte.
Facevate a turno senza saltarne uno. Perrault, La Fontaine, quei perfettini dei fratelli Grimm e il babbeo di Andersen, anche se in lui trovavo qualcosa di simile al mio modo di vedere il mondo. La sirenetta l’avrei affogata in una pozzanghera, ché le sirene sono streghe.
Né sorelle, né fratelli. I miei si astenevano dal sesso perché io restassi il gioiello esemplare concentravano da mattina a sera le loro attenzioni, per me (sacrificare il sesso, i baci in nome di un amore più grande, per la figliola lentigginosa che li ascoltava in silenzio, mai una preghiera, mai le mani giunte o le ginocchia sul pavimento - io in verità pregavo mentre con occhi vuoti fingevo di ascoltare le loro farneticazioni, pregavo che gli scoppiasse la lingua, paralizzassero le corde vocali, a denti e a cuore da macellaio l’orrore di una ragazzina smarrita nell’umidore di un bosco cupo inseguita da una bestia assetata di sangue: mi torcevo sotto le lenzuola, le dita dei piedi e delle mani immaginando una megera avvelenare una giovane ingenua, paura e odio crescevano, a dismisura).
Spesso la mattina non mi sentivo bene, la notte crollavo per sfinimento dopo aver visto bambine vestite di stracci crepare di freddo invocando la morte, un fiammifero dopo l’altro. Di bello che erano tutte orfane.
Il comportamento umano è imprevedibile e fantasioso. I miei non erano umani.
Ho adorato l’orco che uccideva le mogli, Barbablù e il suo ingozzarsi (e la curiosità e la disobbedienza e la condanna) – violare la vita affondandole addosso i miei denti storti, io battezzata con l’acqua della falsità edulcorata. Così una sera ho cominciato a muovermi convulsamente. E’ epilettica! Oh, no! - la loro espressione costernata è stata la prima cosa che ho veduto dopo la crisi. Il loro gioiello non era poi così perfetto, il meccanismo s’inceppava (la bambola con la testa penzolante che legavo con lo spago - forse stringevo troppo).
Canaglie, sporche e indegne. Non riesco a comprendere la follia nel dire che sarei carne della loro carne, quel sangue che mi hanno trasfuso in un raro momento orgasmico adesso urla. Le mie strozzabambole, loro sì che mi amano a bocca chiusa.
Toc toc, ecco mammina con il suo bel libro patinato dalla copertina rigida quanto lei, ecco la fiaba che ti aiuterà a crescere, bambina mia. Infilava il dito secco tra le pagine e pescava a caso. Il purgante della mia anima era bell’è pronto.
No, di nuovo lei, no, Bianca come la neve rossa come il sangue.

La prima crisi epilettica aveva spaventato anche me, la seconda volta fu più facile, la terza la assecondai godendo dell’espressione sconfitta di mia madre e di quella disgustata di mio padre. Gustav! Urlava lei, presto aiutami, un’altra crisi. Così per quella sera dimenticavano perfino di leggere. Mio padre cercava di rimettere in asse il mio corpo, io lentamente mi rilassavo e fingevo di crollare nel sonno. Non si poteva andare avanti a lungo, erano spaventati, non stupidi.
Avevo notato che il piattino con le caramelle colorate posto sul mio comodino era stracolmo, ce ne erano di tutti i colori ed io pescavo avidamente. Loro compiaciuti, mi guardavano strano.
Mammina, vuoi? No, piccina, sono tutte per te. Quando avevo lanciato il piattino contro le mie bambole, per offrirle anche a loro, dalla sua bocca era uscito un grido strozzato, era carponi, cercava di recuperarle anche da sotto il letto. Là troverai i miei mostri che aspettano sera per venir fuori.
Quando il medico di famiglia era venuto a visitarmi, avevo fatto tutto quello che mi era stato ordinato: fuori la lingua, e un po’ di bava; mi aveva accecato con la luce di una piccola torcia, avevo tossito forte per spruzzargli il volto, anche se gli avrei ficcato volentieri un dito in un occhio. Quando aveva palpato il mio petto con un oggetto freddo e duro, avevo avvertito un calore strano che mi risaliva dalla pancia, no, non era la pancia, più in basso, e fu là che dopo avergli afferrato entrambi i polsi, avevo portato le sue mani. Lo avevo visto barcollare, espirare violentemente, e quell’oggetto gelido era caduto in un groviglio di fili, si era liberato svincolandosi dalla mia stretta, era scappato, paonazzo.
Io ne volevo ancora, anche se non sapevo bene di cosa, e no avevo opposto resistenza quando era tornato con un cucchiaio colmo di sciroppo vischioso. Il mio corpo adesso era molle caldo ubbidiente come una delle mogli di Barbablù prima che lui le mettesse alla prova.
Li sentivo parlare a bassa voce, - sta crescendo, il corpo si ribella, un momento delicato. Un altro incompetente!
Così quella sera mia madre decise che a turno avrebbero dormito nella mia stanza, se fosse arrivata una crisi durante la notte. La bambina non può esser lasciata sola, diceva, ma in cuor mio sapevo che se tante bambine indifese sono sopravvissute a streghe, orchi cacciatori e bestie, io avrei potuto fare lo stesso, avrei messo a frutto gli insegnamenti ricevuti, frutti avvelenati, velenosi. Non mi fecero più mettere il naso fuori, mi fu proibito il giardino, l’altalena cigolante la guardavo lenta e vuota dalla finestra; cominciarono a portarmi i pasti in camera - se avessi avuto una treccia lunga, mi sarei calata dalla torre in cui mi stavano rinchiudendo, poi pensavo che avrei potuto farne ben altro uso.
Mi sentivo sempre più stanca.
Un mattino, non so bene quando, la prima cosa che avevo visto al mio risveglio erano stati due occhi puntati su di me, avevo avvertito l'odore della notte nell’alito.
Levati! Va via! Ma l’urlo non usciva, avevo sulla bocca un nastro che mi si era infilato agli angoli delle labbra, non potevo strapparlo via, anche le mani erano legate ai bordi del letto.
No, non ero finita nella storia della bella addormentata. Dove erano finite le mie cose? Chi aveva svuotato la mia camera, e chi aveva spostato la finestra così in alto? Avevano ridipinto?
Non era stato un principe, a svegliarmi. Voglio un principe. Voglio le mie strozzabambole. Subito.
Chi è questa donna, non è mia madre, e tutto questo bianco, mi fa male. Lei mi friziona il braccio ed io mi sento di nuovo stanca.
Quando li riapro, gli occhi mi bruciano e così il labbro superiore.
Ecco lo sapevo, dovevo essere più precisa, meno male che ho ancora altri due desideri…
Meno male. 

Adele Musso