Calogero non fare così che ti salisce la pressione, carmati,
lascialo che così l’ammazzi.
Intanto Gaetano scappava e Calogero l’inseguiva e facevano il
giro del tavolo. E Calogero gridava: se ti afferro faccio polpette di te. Per
metterti nella cassa da morto devono fare il puzzle.
Calogero aveva la prissione a tremila. Rosso, sudato, senza
fiato. Pensavo: magari ora muore. Ma quando mai? Stava meglio di me.
Quando si è calmato un poco e ha ripreso fiato ci ho
domandato: ma che fu? Che è successo?
E lui cominciò a bestemmiare di nuovo: quel frocio di tuo
figlio, io l’ammazzo, lo levo dalla circolazione. Però non gridava, me lo
diceva piano perché aveva paura che lo potevano sentire i vicini.
Io ero impietrita. Pensavo: chissà che ha visto.

Intanto Calogero si accorse che io non dicevo niente, stavo
muta. Allora cominciò: tu lo sapevi e non mi hai detto niente. Ora me la prendo
con te e dopo mi butto dal Monte Pellegrino con tutta a lapa. Ma prima lo levo
di mezzo.
L’indomani Calogero telefonò ai figli per dircelo che ci
voleva parlare e che li aspettava la domenica.
Marina Montalbano