Sembrava che stesse guardando fuori dalla finestra. L'espressione era di uno preso a calci nel sedere dopo una rissa al bar finita male. Scrutava, con ammirazione, il turbinare delle foglie in un unico, grande vortice che aleggiava davanti ai suoi occhi. Era una brutta serata, quella. Le previsioni erano delle peggiori, e il vento toccava i 100 km/h. Louis accese la tv e si mise a sedere sul divano. Sorseggiava a tratti una birra. Si chiese il preciso significato dell’esistenza.
Il telefono squillò: era Philip.
Il telefono squillò: era Philip.
Ehi amico, come procede la serata?! - sembrava stranamente di buon umore - Phil, ma che stai blaterando? Sono le tre del mattino, vai a letto! Che cazzo!
Scaraventò il telefono sul pavimento e chiuse gli occhi, desideroso di poter dormire qualche oretta prima di ritornare alla routine.
Louis era un tipetto niente male. Corporatura media, un po' di pancetta piuttosto sporgente, sguardo brillante, incredibilmente intelligente. Aveva un certo fascino, soprattutto quando si trattava di donne. Dovevate vederlo, mentre recitava falsamente le più celebri poesie di Garcia Lorca. Tutte le donne gli cadevano ai piedi dopo appena cinque minuti. Lavorava a tempo pieno per un'agenzia di viaggi. Aveva tre colleghi davvero insopportabili, che guardava a malapena. Sentiva di essere superiore a quei fanfaroni, si capiva dalla buffa smorfia che erroneamente faceva notare quando arricciava il naso e digrignava i denti.
Come tutte le mattine, Louis si alzava dalla sedia e prendeva un caffè al bar dell'angolo. Il proprietario dell'attività era un veterano di guerra, avevo cicatrici in tutta la superficie della faccia. La guerra - sussurrava- un gesto così trascurabile, poco dignitoso. Bisogna farla da gentiluomini, la guerra. Coltello alla mano, cravattino nero, occhi serrati. Magari ad una cena galante, dove sono tutti signorotti di mezza età. Ti avvicini, lento e compiaciuto, e attacchi.
Le risposte del veterano Louis non le capiva mai. Era intelligente, sì, ma ancora troppo scemo per comprendere il dolore negli occhi della gente.
Scaraventò il telefono sul pavimento e chiuse gli occhi, desideroso di poter dormire qualche oretta prima di ritornare alla routine.
Louis era un tipetto niente male. Corporatura media, un po' di pancetta piuttosto sporgente, sguardo brillante, incredibilmente intelligente. Aveva un certo fascino, soprattutto quando si trattava di donne. Dovevate vederlo, mentre recitava falsamente le più celebri poesie di Garcia Lorca. Tutte le donne gli cadevano ai piedi dopo appena cinque minuti. Lavorava a tempo pieno per un'agenzia di viaggi. Aveva tre colleghi davvero insopportabili, che guardava a malapena. Sentiva di essere superiore a quei fanfaroni, si capiva dalla buffa smorfia che erroneamente faceva notare quando arricciava il naso e digrignava i denti.
Come tutte le mattine, Louis si alzava dalla sedia e prendeva un caffè al bar dell'angolo. Il proprietario dell'attività era un veterano di guerra, avevo cicatrici in tutta la superficie della faccia. La guerra - sussurrava- un gesto così trascurabile, poco dignitoso. Bisogna farla da gentiluomini, la guerra. Coltello alla mano, cravattino nero, occhi serrati. Magari ad una cena galante, dove sono tutti signorotti di mezza età. Ti avvicini, lento e compiaciuto, e attacchi.
Le risposte del veterano Louis non le capiva mai. Era intelligente, sì, ma ancora troppo scemo per comprendere il dolore negli occhi della gente.
Emanuele Scaduto