Ancora qualche passo, quanto un batticuore per oltrepassare il confine tra il vivere quotidiano di maschere che si alternano veloci e la porta da chiudere in faccia al mondo. Oltre la quale esistono emozioni, molecole che si susseguono in veloci sequenze, in ordini precisi che aprono altre porte, altre reazioni, chimica di voli. Occhi socchiusi che guardano sogni. Sogni che non sono più, ma realtà condivise.
E musica. Musica volante, danzante che si avvita in volute alte, oltre confini terreni.
In questa dimensione tutti gli amori si somigliano. Le estasi, le sindromi di Stendhal, la bellezza dei marmi, dei volti scolpiti, i colori e i cieli, le Madonne e gli affreschi. I paesaggi, le rocce, le sabbie degli oceani. Tutti gli amori si somigliano, contengono un nucleo comune: la bellezza e la divinità.
Mi sono innamorata di te così come mi
sono innamorata di quel momento magico al Canyon, quando il vento
cala e senti il rumore delle rapide: una voce appena sussurrata che
apre conoscenze oltre il terreno.
Pamuk ha spolverato la polvere dai
mocassini, ha creduto di poter raggiungere i nidi dei corvi che
volteggiavano alti e le case scavate nella roccia che stavano sospese
sul letto del fiume. Camminava veloce ma le rapide erano in fondo,
mentre i corvi volteggiavano alti verso le vette del Canyon e sapeva
che l'aria rarefatta gli avrebbe impedito di respirare, incollandolo
al suolo da non poter muovere un solo muscolo. Così decise di andare
a cercare le stanze scavate nella roccia. Gli anziani ne parlavano
con grande rispetto, tante stanze, decorate di azzurro e di disegni
tracciati con piccoli tratti colorati. Ma c'erano alcune, tante,
nascoste. Erano quelle che voleva raggiungere Pamuk anche se avesse
rischiato di perdersi e non tornare più alla tribù. Lo vedo
incamminarsi verso le stanze segrete dopo avere pagaiato lungo il
fiume. Dopo aver lasciato la canoa e spolverato la polvere dai
mocassini battendoli contro la roccia rossa del Canyon. I corvi
volteggiano alti e alza lo sguardo sfidando la luce del sole e
l'ombra del corvo contro il cielo. Intorno la luce cambia sulle
pareti delle montagne, diventa rossa, come verso il tramonto, mentre
mille nuvolette leggere schermano l'orizzonte.
Mi sono innamorata di te come quando mi
sono innamorata della Pietà di Michelangelo.
Paralizzata di fronte al bianco del
marmo che non era più pietra ma materia viva, palpitante, fusa nel
dolore e nelle lacrime. Nello spasimo delle membra abbandonate, altre
e altrove ormai. Nelle pieghe perfette del manto che si ripiegavano
come se il vento le muovesse attorno all'ovale perfettissimo e gli
occhi vitrei. Mai è stato raccontato il dolore come in quel momento.
Un palpito, uno sciogliersi di un nodo in fondo all'anima che
restituisce lacrime al dolore del mondo.
Mi sono innamorata di te percorrendo
l'Italia da cima fino in fondo. Soprattutto quando ero in alto verso
il Nord, perchè ho guardato in giù ed ho visto quanto era bella per
quell'azzurro mare che la contornava, i golfi e le pareti laviche. Le
colonne dei greci, la perfezione dei bronzi, i luoghi sacri dei
templi, i teatri in semicerchio dorati di luce dietro le maschere di
terracotta. E l'umanità parla ancora di quegli idiomi ingarbugliati,
separata da una sola striscia di mare, continua a spremere le olive,
i limoni e l'origano sul pesce del mare. Fa le valigie e parte,
ossessionata dalla solitudine e l' estraniamento, lì in mezzo al
mare. Si acceca di mare all'infinito e pensa a tutto quanto è
lontano e irraggiungibile, ne ha fame, ne sente il profumo nel vento
e corre via. Lontano per poi tornare.
Mi sono innamorata di te guardando
Mantova immersa nella laguna piena d'anatre. Nei soffitti del
palazzo del Te', nei soffitti del palazzo ducale. Nella bruma che
sale la sera e contorna come una nuvola i bastioni e le torri sospese
in una polvere irreale.
Mi sono innamorata di te perchè amo la vita.
Clotilde Alizzi