1848
Quell’improvvisa libertà di stampa
«Signore, ho saputo in questo momento che qualcuno si è fatto lecito d’impedire la stampa e la pubblicazione di un giornale, “lo Staffile”. La prego che dia subito le più energiche disposizioni per fare rispettare la libertà della stampa, e la pubblicazione di detto giornale – Firmato: Il Ministro Mariano Stabile». Era il 22 aprile 1848, e il Ministro degli Affari Esteri e del Commercio mandava questa nota, scritta di suo pugno, al titolare del dicastero dell’Interno e della Sicurezza Interna. In calce allo stesso foglio si legge un altro appunto, vergato dal Ministro delle Finanze, Michele Amari: «Aggiungo i miei desideri a quelli che esprime a quest’aspetto il Sig. Ministro degli Affari Esteri». Dal canto suo, il Ministro dell’Interno, Pasquale Calvi, emanava questo pubblico “avviso”: «Essendo la stampa libera, liberissima e non essendovi finora leggi che ne abbiano in alcun modo sanzionata la più che ben menoma repressione; si previene il pubblico che a nessuno è lecito con vie di fatto, o in qualunque altro modo, impedire la stampa di tutto quello che ogni cittadino crederà conveniente di pubblicare» (riportato dallo stesso Staffile del 29 aprile).
Come ben si vede da questa esplicita posizione del governo rivoluzionario (in difesa, tra l’altro, di un giornale di forte opposizione allo stesso governo), forse per la prima volta in Sicilia, dopo secoli di regime monarchico, la libertà di stampa diviene quasi una religione. Tanto che ognuno, in quei sedici mesi di entusiasmo rivoluzionario, dal gennaio 1848 al maggio 1849, si sente in dovere di stampare fogli che non sempre meriterebbero la qualifica di “giornali”. Tuttavia, si stampava: chi per appoggiare il governo, chi per criticarlo, chi per interessi personali, chi per puro divertimento. E chi, per tutti questi motivi, inaugurando un filone di stampa satirica o semplicemente umoristica, che avrà lunghissimo seguito.
Nel 1847 i giornali palermitani erano appena sei. In quei sedici mesi, solo a Palermo, escono ben 143 testate, di cui ci rimangono le collezioni nelle nostre biblioteche. Più altre venti di cui non è stata reperita copia. In tutto 163. Il massimo di affollamento si ha nel mese di maggio del ’48, quando vengono pubblicate venticinque nuove testate, quasi una al giorno! E di queste 163, se ne contano una ventina a carattere satirico, o semplicemente umoristico, o con scarsamente riuscite intenzioni satiriche.
La necessità di poter, finalmente, esprimere liberamente le proprie idee si svelò immediatamente, addirittura negli stessi giorni della rivoluzione. Il 21 gennaio si combatteva ancora a Palermo e già, nei quartieri conquistati dagli insorti, gli strilloni vendevano il primo giornale libero: il Giornale Patriottico, sul quale scrivevano, tra gli altri, Francesco Bagnasco, Benedetto Castiglia, Luigi Colajanni, Ambrogio Fumia, Gregorio Ugdulena. Nel 1948 avvenne in qualche maniera quel che nel 2000 si è verificato attraverso il web, quando chiunque ha trovato il modo di esprimere le proprie idee attraverso la creazione di una miriade di giornali online. Qui agisce l’improvvisa ed entusiasmante libertà della rete, lì agiva l’improvvisa ed entusiasmante libertà della rivoluzione liberale.
Ben poche di quelle testate ebbero una vita piuttosto lunga. Di alcune ne uscirono solo pochi numeri. Ma era tale l’ingordigia dello stampare che ad un certo punto a Palermo cominciò a mancare la carta. Ce ne dà testimonianza il periodico La forbice, che nel numero del 27 novembre ’48 così avverte i suoi lettori: «Allo squagliar della neve si vedono i pertugi. Per nove mesi si è visto un diluvio di giornaletti e troviamo ora un gran vuoto: non ci è più carta, onde siamo costretti a fare uso di un’altra più corta». Si arrivava al paradosso che ogni nuovo giornale che nasceva non rinunciava a stigmatizzare l’eccesso di giornali.
Se si considera che fin dopo il 1861 in tutt’Italia si registrava un tasso di analfabetismo del 74,7% (secondo la stampa del ’48, in Sicilia saliva al 90%), è legittimo chiedersi chi mai leggesse tutti questi periodici. Anche se bisogna osservare che Palermo-città andava in controtendenza. Infatti, quando a Palermo l’analfabetismo era al 57%, la media italiana era al 68% e quella siciliana dell’85% (dati del 1871, riportati da T. De Mauro in Storia linguistica dell’Italia unita, Bari 1963).
"Tratto da Gabriello Montemagno, Il Babbìo. Storia della stampa satirica a Palermo", per gentile concessione dell'editore Sellerio.
"Con l'arrivo della primavera un po' di babbìo fa sempre bene. Perciò, auguro a tutti i lettori di Aperturaastrappo, e ai suoi redattori, un po' di risate storiche leggendo questo libro che, l'editore Sellerio, in un attimo di incoscienza, mi ha pubblicato"
Gabriello Montemagno
Gabriello Montemagno
Gabriello Montemagno foto di Erminia Scaglia © copyright |