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giovedì 5 marzo 2015

NYC

Andare così non è doloroso. Talvolta invece no. E non puoi farci niente, è già accaduto. Guarda qui si è pure sfilata la calza. Ha quasi 70 anni, polpacci scolpiti, intravedo i fasci muscolari affiorare sotto la pelle, ma quanto esili quelle  caviglie. I tacchi, anche quelli, non ci rinuncia. E' sola, la rialzo, almeno tento.
- Signora!-
-Aiuto!!!- 
- Come sta !?? Si sente bene??!!- 
Continuo a parlare in italiano.
E' la terza in due giorni, sarà il caldo. Qui gli anziani sembrano come i frutti maturi al caldo dell'estate; diventano molli, fino all'afrore del marcio.
E allora mi rendo conto.
- Help! Help, help!!! - Qualcuno si ferma mentre penso che in queste metropoli ognuno tira dritto e lascia la gente sui marciapiedi. Invece no, li fermo ad uno ad uno, mi aiutano. 
-Help! Help! Emergency! Hopital Hopital!!!- Grido, perchè lei intanto si affloscia come un sacco vuoto. Sono disperata, ho le lacrime agli occchi. Siamo a New York, Cristo Santo, non si può morire a NY. Nella mia disperata convinzione di ...chissà - ignoto, esotico. Mio Dio! Guardo l'asfalto, è tutto falso
E' il terzo in due giorni. Il giovane mi guarda negli occhi, anche la donna. E' giovane, curata, apre la borsetta e sul digitale pigia: poi spiega. Io bagno il viso e il collo all'anziana con la bottiglietta dell'acqua minerale. Le si stampa un sorriso beato, io invece piango. E' sempre un sacco vuoto, non si regge. La teniamo seduta, poi arriva una macchina, si accosta, ne scende un medico o forse un paramedico. Indossa la kippah, la tiene ferma con due forcine, così ai lati. Come possano tenerla appiccicata  su quei così corti capelli è un mistero. La osservo mentre è chino sulla donna, mi chiedo quanti sono in America, quanti a NY. Ne ho incontrati dappertutto, più che nel quartiere ebreo. Molto più qui che in una via che si chiama Ester Street, all'incrocio tra con Orchard Street nell' East Lower Side.
La porta via senza una parola.

Clotilde Alizzi