Le due cognate decidono di preparare le panelle domenica a
cena. Il pomeriggio domenicale è lungo da passare, con la preparazione delle
panelle si tengono impegnate e i brutti pensieri vengono posti in un luogo
remoto della mente.
Cominciano a sciogliere la farina di ceci in acqua, mettono
sul fuoco e mescolano – la mescolata è importante – manca il prezzemolo! Non ti
preoccupare ho una pianta di prezzemolo fuori dalla finestra. L’odore della
frittura intasa tutti gli ambienti della casa, il piatto con la carta
assorbente è pronto per accogliere le panelle calde. Ma nel momento in cui si
poggiano nel piatto si sbriciolano, il prezzemolo si ricompone a ciuffetti e
come d’incanto ritorna nella pianta dov’era stato estirpato poche ore prima, la
terra lo accoglie e gli ridà le radici, anche il vermetto è contento, potrà
ritornare a cibarsi di queste foglie profumate. Nel piatto al posto delle
panelle c’è una grande macchia di olio, la panella ritornata farina di ceci fa
un lungo volo per la cucina prima di tuffarsi nella busta gialla.
Le due cognate assistono atterrite a questi eventi, guardano
a bocca aperta l’animarsi delle cose. La busta della farina di ceci balla sul
ripiano della cucina, pare che stia esplodendo, le due si avvicinano con un bastone di scopa in mano e da lontano
fanno cadere in avanti la busta indemoniata, escono fuori i ceci e la farina
dov’è?
La cognata esplode in un pianto liberatorio e grida: questa
è la buon’anima della suocera, io te lo dissi facciamo il funerale di diecimila
euro e tu invece no, quello di cinquemila euro basta e avanza. Ora si sta
vendicando! Perché essa fimmina tinta era in vita e fimmina tinta è da morta.
Le due cognate non capirono mai i fatti successi quella domenica, ma una cosa è
certa panelle in quella casa non se ne mangiarono più.
Caterina Guttuso