Era arrivata di nuovo la notte a trasformare la città. Il buio la avvolgeva in un foglio scuro e opaco da cui tralucevano solo i lampioni giallastri che ridisegnavano incerti profili alle strade, ai palazzi, alle fontane, che di giorno rassicuravano con la certezza delle loro linee severe, squadrate, ma che in quell'inquietante e miracolosa metamorfosi divenivano un'unica massa scura, in cui i rari sprazzi di luce rivelavano geometrie inusuali che il giorno si scordava.
Il centro era un unico magma confuso da cui ribollivano ogni tanto chiese sconosciute, statue, targhe commemorative e fontane. Una babele di lingue declinava il verbo del divertimento in mille modi. Le ragazze americane, che avevano saputo di Roma attraverso Vacanze Romane e i film di Fellini, esaltavano le loro vite sottili con abitini stile anni Cinquanta, con gonne ampie e vaporose, scarpe basse per non inciampare nei sampietrini e golfini gettati sulle spalle. I visi freschi e aperti ridevano dei complimenti dei giovanotti che nella folla ubriaca di Trastevere si avvicinavano con un inglese stentato aggiustato alla buona, nel vano tentativo di nascondere l'accento romano, per dare un tocco di internazionalità al rimorchio di quelle ragazze dalle gambe lunghe e dall'aria semplice. Li guardavo con una curiosità indifferente, chiedendomi se avrebbero accettato un giro in Vespa col foulard legato sotto il mento per poter poi raccontare alle amiche a New York che, sì, era proprio tutto come nel film, very nice, ma in fondo non m'interessava poi veramente e il mio sguardo le lasciò continuare senza voler saper oltre, fissandosi a guardare distratto il Tevere che andava lento, come il traffico sulla strada.
Il centro era un unico magma confuso da cui ribollivano ogni tanto chiese sconosciute, statue, targhe commemorative e fontane. Una babele di lingue declinava il verbo del divertimento in mille modi. Le ragazze americane, che avevano saputo di Roma attraverso Vacanze Romane e i film di Fellini, esaltavano le loro vite sottili con abitini stile anni Cinquanta, con gonne ampie e vaporose, scarpe basse per non inciampare nei sampietrini e golfini gettati sulle spalle. I visi freschi e aperti ridevano dei complimenti dei giovanotti che nella folla ubriaca di Trastevere si avvicinavano con un inglese stentato aggiustato alla buona, nel vano tentativo di nascondere l'accento romano, per dare un tocco di internazionalità al rimorchio di quelle ragazze dalle gambe lunghe e dall'aria semplice. Li guardavo con una curiosità indifferente, chiedendomi se avrebbero accettato un giro in Vespa col foulard legato sotto il mento per poter poi raccontare alle amiche a New York che, sì, era proprio tutto come nel film, very nice, ma in fondo non m'interessava poi veramente e il mio sguardo le lasciò continuare senza voler saper oltre, fissandosi a guardare distratto il Tevere che andava lento, come il traffico sulla strada.
Annalisa Scassandra