Infilare
la testa sotto la sua veste (non gli importava che i miei capelli non fossero
freschi di shampoo), frugare nell’oscurità del suo abito, violare la cripta. Non la toglieva mai, una volta o due gli vidi allentare il
colletto, abituato com’era alle alte temperature, all’arsura e alla fatica,
(era il modo per ricordarmi chi fosse e a chi doveva obbedienza), - io la
serva, sua e di Dio.
Nel momento dell’estasi tornava alla lingua d’origine,
strani suoni gutturali, versi d’animali in fuga, fortuna che io sono di
costituzione robusta, riuscivo a resistere alla sua carica e alla violenza che ne
accompagnava il godimento.
Uno
due tre quattro…cinque, al termine dovevo inginocchiarmi di spalle, poi uscire,
mai una carezza, un bacio.
Quel giorno, dopo i vespri, mi recai nella
stanza dei nostri incontri, non colsi il segnale che risuonò nella mia testa,
troppo rapida fu la sensazione, liquido, a scivolare verso il basso, m’infiammò
prima le viscere poi la mia natura di femmina. Era nudo sulla coperta che metteva
direttamente sul pavimento, ma non fu soltanto la nudità inaspettata a
confondermi, vidi che il corpo era anche interamente unto, l’ebano della sua
pelle sfolgorava. Lustro come un culturista. C’è una parola, ipnosi credo, per
descrivere lo stato in cui caddi. Compresi quale fosse il colore del peccato e desiderai
che la mia pelle ne assumesse la stessa gradazione. Lasciò che mi avvicinassi,
avvertì il mio stupore, quando con le palme delle mani sfiorai la sua schiena, (stava
bocconi, cosicché non potevo vedere il suo volto), non mi fermò, e non compresi
come e con quale rapidità si fosse sollevato e le sue mani stringevano già il
mio collo largo. Che forza, il bianco dei suoi occhi e dei suoi denti,
stringeva e contava, uno due, tre, quattro, cinque… ancora nero, tutto, il
colore della morte.
Sarà difficile che riescano a restituirmi
alla mia famiglia, cinque grossi pezzi di me, non si è sporcata neppure la
veste.
Ha consolato mio marito, carezzato il volto
di mio figlio con le stesse mani.
Ha sollevato la coppa e bevuto il vino.
Adele Musso