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giovedì 26 novembre 2015

Le sarde allo spiedo di Mercurio

Ma che bello ritornare nella casa di campagna dei miei, ah, la pace, ah, il silenzio!
Manco il tempo di mettere un piede dentro che mia madre attacca: “Tu che ne sai, consumati siamo, consumati. Tuo padre perse il ciriveddo. A lavorare dice che non ci vuole andare più, l’altro ieri chiamò la signora Treppiede che ci si era rotto di nuovo il tubo dello scarico e aveva il bagno tutto allagato di cosa fitusa, e lui ci disse nonsi, signora, non vengo.
Non puoi capire quanto mi mortificai, dopo stetti un’ora al telefono a spiegarci che mischino era malato. E invece lo sai che fa, il malato? È una settimana che sta tutto il giorno bello fresco a pescare con quel pane perso di Mercurio. Io ci dissi, qua non ti voglio, vai a dormire nella lavanderia in giardino, io non ti cucino: fatti cucinare da Mercurio!”
La cosa pareva seria. Quella sera a cena lui non si presentò, pure che la mamma aveva fatto le linguine col pesto di basilico (80 grammi scarsi! “Che poi ti scasano i fianchi”). Mentre mi pulivo la bocca e con gli occhi cercavo qualche altra cosa su cui mettere i denti, la mamma mi fa: “per il secondo, se vuoi, puoi andare a mangiare da tuo padre”.
Alla grande! In giardino c’era un odorino buono buono di pesce arrostito. Papà e Mercurio stavano accanto alla brace con un sacco di sarde argentate, belle grasse, infilzate nelle canne.
“Maria Grazia, gioia mia” fa papà mentre spella la sua sarda. “Assettati qua, prenditi una canna dal fuoco che le sarde sono pronte. Fresche di ‘stu pomeriggio, che oggi il mare era pieno accussì” – apre e chiude le dita con il palmo verso l’alto.
Buone vero. Grasse. Avevano un poco di gusto affumicato che era un tocco speciale.
“Mmm, buone pà. Ma che è, ricetta nuova? Che c’avete messo?”
“Eh, ricetta di Mercurio: le sarde allo spiedo. Pare babbo, ma sa un sacco di cose stu figlio di diavolo, è vero, Mercù?” - gli dà un colpo sulla fronte - “Si fa così, prendi le sarde fresche freschissime, le prendi proprio dal mare che ancora gocciolano e manco c’è bisogno di metterci sale e a colpo le infili nella canna, piano piano che sennò si sfarnicano tutte, una foglia d’alloro verde, una sarda e una rotella di cipolla rossa di Tropea, una foglia una sarda e una rotella”
“E bravo Mercurio. Dai papà, stasera vieni a dormire a casa, va bene? Quando pare a voi la finite co ‘stu babbìo”.
Invece di rispondermi papà piglia una canna e comincia a spingerla nella pancia di Mercurio, e lui con la sua faccia di bimbo troppo grande che si apre, a contorcersi tutto dalle risate
“Guarda, guarda come si cattigghìa Mercurio, guarda! “
“Bà bààà!!!” Mercurio gridava tanto che a momenti lo sentivano pure da Punta del Secco.

“Mi sa che sarde ne abbiamo fatte magari troppe. Colpa di Mercurio che non voleva smettere più, gli abboccavano tipo che c’aveva la calamita e lui si scialava. Fammi ‘stu piacere Mariagrà, vai in cucina, prendi un contenitore e ce ne porti quattro a tua madre và, solo solo perché buttarle è peccato…”

Letizia Lipari