Quello che chiamavano così abitava nel quartiere dei villeggianti, in una palazzina a due piani e con quattro appartamenti.
Era un ragazzino che non dava fastidio a nessuno, passava così inosservato che i ragazzi del quartiere, che giocavano al pallone davanti alla caletta grande, spesso si dimenticavano di lui e lo lasciavano fuori squadra. Come se non ci fosse.
Non si sa nemmeno se avesse amici, era sempre solo.
Tanti notarono la sua presenza dopo che si fece crescere i capelli, ne aveva tanti e ricci, a formare una cupola, o un ombrellone.
Nel quartiere mai nessuno aveva subito un furto.
Cominciarono a sparire gli sterei dalle auto, di notte. Tutti lo sapevano che era stato lui, i soldi gli servivano, era cosa nota. Qualcuno faceva denuncia, qualcuno no, che tanto lo stereo rubato quello se lo era già iniettato.
Rubava, ma non c’era uno che lo ritenesse cattivo. Poi lo arrestarono, pare che i carabinieri lo avessero colto in flagrante. Rimase in cella due giorni, lo mandarono a casa, ma ogni sera alle otto una macchina dei carabinieri andava a citofonargli per assicurarsi che ci fosse. Lui c’era, tant’è che nel vicinato le sue urla si sentivano. Gridava a suo padre, gridava a sua madre. Voleva la dose, la pretendeva.
Poi ricominciò a vedersi per strada. Forse erano finiti i domiciliari o forse usciva e se ne fregava. Usciva e se ne andava in giro. Nel quartiere rispuntarono auto con i vetri rotti, qualche motorino sparì.
La gente derubata una volta fece una spedizione verso casa dell’ombrellone con la voglia di spaccargli la faccia. Ombrellone capì e cambiò zona, fuori paese, chissà dove ma chi se ne fotte, purché si togliesse dai piedi e lasciasse in pace i paesani.
Dal giornale si apprese quello che combinava, derubava coppiette appartate mentre pomiciavano – si faceva dare soldi, gioielli, orologio.
Aveva una pistola scacciacani.
Non avrebbe mai sparato, quella bastava per far spaventare, lui era buono, solo che l’astinenza non ti fa ragionare, vallo a spiegare. E poi per sparare bisogna sentirsi grandi, lui era solo un ragazzone che doveva arrivare a cinquantamila lire per comprarsi una dose.
Sul giornale finì il suo primopiano e la foto di un corpo coperto da un lenzuolo.
Uno che si era appartato aveva con sé una pistola vera.
Gli diede il primo colpo perché ombrellone cadesse per terra, scese dall’auto e gliene diede un secondo, alla testa, per non dargli speranze.
Quella sera la Madonna era lì, sentiva che qualcosa stava per succedere, che se solo i destini fossero scritti con calligrafia appena accettabile, lei avrebbe fatto inceppare quella pistola. Davanti a ombrellone morto c’era poco da fare. Tirò fuori un pallone e lo lanciò nello spiazzo, prese Ombrellone per mano, alzati che ci mettiamo a giocare, e lui si alzò, non ci credeva nemmeno che la Madonna di mare lo stesse invitando, gli sembrò strano e però la seguì, tracciarono le porte e un po’ tirava lui e un po’ tirava lei, Ombrellone non si aspettava che lei fosse così brava a fare dribbling e ad infilare la palla in porta. Si divertirono pure a giocare ai rigori, Ombrellone a parare non era un granché ma calciava forte sebbene di punta, la Madonna di mare invece si lanciava con le mani sulla palla e poco importava dei graffi e delle scorticature, prese tanti rigori e qualche volta la palla la lasciò entrare per guardare il viso di Ombrellone infuocarsi di gioia.
Rimasero a giocare per almeno due ore, poi arrivò la polizia e l’Ombrellone allora si rimise per terra, sorrise alla Madonna di mare e poi chiuse gli occhi.
Dicono che quando lo hanno trovato avesse la più bella delle sue espressioni, quella di quando da bambino si buttava per terra fingendo di essersi addormentato.
Per qualche giorno si parlò solo di lui, spesso con un sospiro di sollievo. In fondo era stato tolto di mezzo uno che rompeva i coglioni e non consentiva al quartiere di sentirsi tranquillo.
Quello che sparò fu assolto dalla popolazione, legittima difesa e legittima disinfestazione.
L’Ombrellone aveva un nome.
Franco.
(In chiesa nessuno si accorse che la Madonna aveva la tunica sporca di terra.)
(In chiesa nessuno si accorse che la Madonna aveva la tunica sporca di terra.)
Giorgio D'Amato
(da Madonna di mare e la capra zapatista)