Entriamo in
casa, ci sono le luci accese, odore di fritto, un silenzio che non te lo
aspetti.
Il concerto è
stato per metà noioso, per metà non si è capito niente con l’amplificazione che
non funzionava, per il resto forse non ne è valsa la pena uscire di casa.
Silvia, buttata
sul divano a sacco di patate, il telecomando in mano, la tv accesa e muta, un
documentario sulla pesca del merluzzo nel mare del nord.
Chiamare Silvia
per fare da baby-sitter a Federico è stata un’idea di Rosa, spendere cinquanta
euro per spendere altri cinquanta euro in un concerto di merda, per farla
dormire sul divano anziché badare al bambino.
Un sacco di
patate e brufoli, le scarpe da ginnastica poggiate sul bracciolo di pelle del
divano.
I merluzzi del
nord guizzano nelle reti dei pescatori siciliani emigrati al circolo polare
artico, spruzzi d’acqua, una pesca silenziosa.
Per terra, sul
tappeto del soggiorno dorme anche Federico, pancia all’aria, sfinito e
soddisfatto, ha costruito un castello dorato con quattro torrette - lo dico
sempre che ha il pallino dell’architetto - poi il sonno lo ha vinto e la quarta
torre è rimasta a metà. Stringe ancora nella mano grassoccia uno dei
mattoncini.
I mattoncini panati
del lego, creati apposta per risollevare l’ego represso di un geometra
norvegese in crisi d’identità. Ho letto da qualche parte che la forma ha la sua
importanza, all’inizio volevano farli a ciambella o a frittella, addirittura a
forma di pesce, una banalità. Così sono perfetti, facili da impilare conservare
porzionare cucinare, e se hai fantasia puoi costruirci un bel castello di
mattoncini che la panatura dorata croccante rende irresistibili.
Ci guardiamo in
faccia, Rosa e io, unto dappertutto, i titoli di coda scorrono sui merluzzi del
nord appena pescati. Spengo la tv, facendo attenzione a non svegliare la
balenottera sul divano.
Federico, chi
ha il coraggio di svegliarlo, così tranquillo e contento del suo castello, ci
sediamo accanto a lui sul tappeto ad ammirare il castello di bastoncini di pesce,
bel lavoro, tutto pesce, niente spine.
Poi Federico si
sveglia e ci vede, ha pianto tutta la notte, dice che io e sua madre gli
abbiamo mangiato due torri e il ponte levatoio.
Raimondo
Quagliana