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mercoledì 17 febbraio 2016

IL DIVINO PRIAPO CONTRO SAN VALENTINO

Mi ha fottuto! Il posto in calendario, intendo. 
Il mio nome, il giorno degli innamorati, sarebbe stata un’esagerazione e avrebbe dato fastidio a tanti. Pure a lui, il festeggiato. Non è mai troppo tardi per cambiare. Il mio nome sul calendario farebbe la sua figura. Immagino la conduttrice dell’Almanacco apparire in tv e annunciare tutta eccitata: “Oggi, 14 febbraio, si celebra il divino Priapo, quello con la prolunga!” Beh, forse non parlerebbe esplicitamente di prolunga. Userebbe un sinonimo meno d’impatto o un lungo giro di parole. Solo il mio nome è corto. E almeno quello, tutto in lunghezza, per esteso, ci andrebbe bello stampato sul rettangolino del calendario accanto alla data del 14 febbraio o anche il giorno successivo. Perché così il giorno prima si festeggia l’innamoramento e il giorno dopo… 
A tutti piace. È inutile girarci attorno. Una volta tutti mi omaggiavano. Oggi in pochi si ricordano di me. Solo i più dotati di memoria, quelli culturali, quelli che hanno studiato la storia e la mitologia greca. Perché io sono un mito. Insuperabile nell’estensione dei secoli. Ma ci vorrebbe oggi un nuovo riconoscimento, così la mia fama si riallungherebbe per altri millenni. Io ce la vedrei ancora una festa dedicata a me come ai tempi dell’antica e gloriosa Roma. Immagino la gente in piazza innalzare alti cartelli, intonare gioiosi inni a quello che più mi rappresenta. Chi si scambia più oggigiorno bigliettini con su scritto: “Ti amo. Sei nel mio cuore”. Roba da infarto! Una volta, almeno, ti sforzavi. Stavi giornate intere a scrivere, fondendoti con la persona amata, alla ricerca delle parole giuste, ispirate, personali, uniche. Ora è tutto facile. Hai tutto impiattato. Vai su Google, digiti “amore”, e ti esce un numero infinito di frasi fatte, citazioni, belle parole che farebbero innamorare chiunque: “Minchia che sei bravo: un poeta! In quale sito sei andato? Dammi il link che ti rispondo”. È bellissimo! Internet ti toglie la parola dalla bocca. Per la mia festa vorrei che innamorati e amanti si regalassero solo statuette con le mie fattezze per ricordarsi, che il sentimento dell’amore è importantissimo, ma lo sono anche i gesti e l’atto dell’amore. Senza, sarebbe stato davvero dura per la specie. Dura ad andare avanti, dico. 
Ora si fa protetto. Ed è giusto di fronte a terribili malattie. Ci si ama al sicuro, eroicamente, fottendo i virus che, invidiosi di cotanto piacere, ci vorrebbero tutti morti nell’adempimento del nostro dovere. E i figli? Non si fanno più figli. Senza figli, si andrà all’estinzione della specie. E chi lo farà l’amore sulla terra? I virus? Una volta, senza televisione, senza giornaletti, senza cellulari con collegamento internet, senza i video su WhatsApp, un uomo e una donna avevano il passatempo e i figli si facevano a ciclo continuo. Ma ora? Sensibilizziamo la gente ad amare, ad amarsi e a riprodursi. I figli sono la vita oltre che il frutto dell’amore. Inseriamo una ricorrenza dedicata proprio a questo nella costituzione di ogni Stato. Quel giorno usciamo anche ignudi, senza vergogna, ma profumati e puliti. Parteciperò pure io, da redivivo. Mi dovrete aspettare, però. Non sarò puntuale. Avrò i miei ingombri da pulire. San Valentino capirà e chiuderà un occhio. Meglio due, così non si spaventerà. 

Raimondo Moncada