Spilla il Cecubo, Ottaviano, per celebrare la mia fine, come Alceo con
Mirsilo. Ad Azio mi hai incalzato con le navi di Roma come un cacciatore che
punta le tenere colombe, me, regina d’Egitto, ai cui piedi si sono inchinati
Cesare e Antonio. Mi hai accusato in senato di mirare a divenire la regina di
Roma, ebbra per la dolce fortuna di aspirare a salire sul Campidoglio con la
vestale. Mi hai definita regina di eunuchi, “fatale monstrum”, da abbattere
assieme alla reggia e al mio millenario regno. Ma io sarò eternata nei versi
dei poeti, che celebreranno il mio coraggio, la mia fierezza, il mio disprezzo
per il futuro padrone di Roma, al quale negherò il privilegio di trascinarmi in
superbo trionfo, come una donna qualsiasi. Io sono destinata a ricevere onori
regali nella mia terra, ultima discendente di Tolomeo, superba fino alla fine
nel maneggiare il serpente, per accoglierne in seno il nero veleno.
Isabella Raccuglia