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martedì 24 maggio 2016

Rigori a vita

La polvere sui libri copriva i titoli delle raccolte lasciate a riempire gli scaffali, libri che mai nessuno aveva visto sfogliare, di cui non si sapeva neanche il numero delle pagine.
E ogni accenno alla cultura stagionava lontano dal sole, dalla luna, dal freddo, dal caldo, dai compleanni d’inverno, d’estate.
Si stava in silenzio, si urlava anche, a tempo debito. Era la nostra ora d’aria, aria chiusa, compressa, in una stanza che doveva insegnarci la libertà per un’ora al giorno, come se in un’ora potessimo conoscere il miracolo del tempo che velocemente passa, non salutando una condanna, un ergastolo, una tregua, una gjakmarrja, vendetta di sangue. 

I punti nelle mani, cuciti come su di un peluche rotto, erano la testimonianza di come quei libri non riuscivano a riempire nessuno sfogo, alcuna rabbia.
Eravamo repressi, eravamo rinchiusi e pieni di sonni oppressi, svegli dalle voglie, dalle mogli lontane, dai ricordi rimasti; le ricostruzioni frammentate di ciò che avevamo fatto, o forse non fatto. Forse non del tutto. Tutto non c’era. Più niente, non c’era più niente di quello che avevamo costruito con i sacrifici armati di pistola, di coltelli e cacciaviti.
- Caccia vita, caccia morte. Caccia tutto quello che ti viene in testa perché qui non è giusto.-
- Non ti rischiare a rubare una penna.-
- Non ti rischiare a pensare. Che qua non è permesso.-
I libri, che ne sanno?
I libri non disegnano volti, non li fanno vedere questi segni, questi Giuseppe, Nicola, Vittorio, Attilio, Joseph, Claudio.
Trovatemeli nelle biblioteche. In quei covi di vita non vissuta. Di dolore non letto, in nessun libro, di scuola, di università…

Rimanevamo seduti sempre nell’ora della cultura. Poi, uscivamo di getto, prendevamo un pallone e per un’ora a settimana: giocavamo a calcio.

Eravamo contenti, alcuni continuano ad esserlo solo per un’ora a settimana. Con rigori a vita.

Alessio Castiglione