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giovedì 21 luglio 2016

Donna Franca


In amore nulla si perdona, neanche l’acqua che scroscia e sbatte controvento - afferro le parole nella memoria, risento nella mia voce schegge aguzze di paura. Non ragiono.
Quando le spalle grattavano contro le mura della casa vuota, tu dove eri? Quando il sangue usciva come dai fori di un setaccio fitto, tu dov’eri? Ho sul viso il colore dei bambinelli di cera, il vetro restituisce un volto indurito, io sto là come ex voto in un santuario, spogliata e piccola, microbo atomizzato che ti spia chiedere grazia e indulgenza.
Tu sudi. La tua pelle emana un afrore umido e sotteso, mi si stampa nelle narici. Soffoco. Sei più lustro delle infide sfere che vorrei tu ingoiassi una a una fino a strozzarti, financo il filo ti caccerei in gola, perché ogni cosa merita giustizia.


Trecentosessantacinque perle, il mio è uomo di sostanza, di madida concupiscenza. Le indosso fredde, le schiaccio sul corpo, ne faccio nodo scorsoio, ne morirei da sola. Vedi? Sono perfette come le danzatrici che indossano corsetti di smeraldo tagliati da mani esperte. Dal letame liberano la luce, mentre io ci sprofondo dentro.
Negli anfratti, tra lo specchio e una tenda, c’è una voce che mi strazia, il figlio che non posso piangere, sullo sgabello arrivava appena. E’ caduto.
In un angolo ristagna il suo pianto sottile, nenia infinita e monocorde, come la mia pena. Non si divide il dolore. Non si ragiona del dolore.
Servono le mani per torcere lenzuola ornate che invecchiano e ingialliscono come denti marci. Servono dita che stringono lino sottile, a morsi ne ricavo brandelli.
Tu al riparo dal deserto in una tenda hai scordato il mio nome, non senti il mio tormento, sei il rabdomante che anela sempre fonti nuove, stai assaporando una linfa diversa. Io secco, inaridisco, nessuna camera dello scirocco allevia l’arsura, né i battiti né l’affanno.
Tu torni sempre. Finita l’acqua, torni a me che come pozzo buio abito quel giardino segreto. Negli astucci piccoli come ampolle di veleno occulti il tuo delitto, tu ami il tuo inganno.
Il mio soffrire per te è posta da rilancio. Rivoli d’oro liquido non colmeranno le rughe che ci disegnano la fronte.
Al primo che passa getterò il cuore, lo avrà senza ostacolo alcuno. 
E’ fosca trasparenza ciò che resta. Ho diritto alla mia opacità e la verità non è utile che a se stessa. Scivolate fulgide perle per diletto in dissolvenza come le parole di una poesia che non placa il turbamento. La cera è liquefatta come il rispetto e l’amore. Restano il dolore e gli anni.

Adele Musso