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giovedì 13 settembre 2018

Blu come il mare a 500 miglia




Era un freddo venerdì.
Uno di quei giorni in cui il clima ti fa sentire come se fossi davanti un frigorifero aperto, mentre il sudore si asciuga e il caldo diventa più  piacevole.
Quel giorno, quel venerdì alle 11:19, lei lo aspettava. Indosava un abito blu come il mare a 500 miglia dalla spiaggia, e i suoi capelli con il clima erano perfetti e disordinati allo stesso tempo.
Seduta in una panchina dil parco lei pensò: oggi non è il giorno giusto per questo vestito, nel frattempo la pelle delle gambe si rizava al passaggio del venticello fresco tra le sue cosce.
11:23. Lui non arrivava.
È inutile pensò. Alla fine la puntualitàè una virtù  poco comune non concessa a tutti, si, di quelle cose che si trovano in fondo al vesetto di uno yogurt come un premio, e che solo apprezziamo dopo una lunga attesa.
Lui non era mai stato puntuale, già si sapeva, ma almeno varcava sempre la soglia con un margine di ritardo accettabile. Questo venerdì superava il suo record.
11:32. Non ha senso, pensò lei, mentre un capello infastidiva la pupilla del suo occhio sinistro. Il tempo continuava a scorrere e a fare piroette di fronte a lei, trascinando ogni secondo con pesantezza, e lui non appariva.
Alle 11:34 cade nella sua spalla destra una goccia. Acqua.
11:35. Un’altra goccia nella sua mano, questa volta più gelata della precedente, in unistante ebbe l’impressione che tutte le nuvole del cielo si avvicinavano formando un cerchio di acqua condensata sul punto di precipitarsi. Tale fu la forza di quello segno, che in quel momento la ragazza dell’abito blu aveva compresso l’inutilitá dell’attesa.
Sotto l’imminente acquazzone, l’abito blu come il mare a 500 miglia correva con un tono di tristezza, avvolto nella foschia di una delusione.
11:45. Lei andò via, e per lui non ci fu più storia.

Katleen Marún Uparela