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sabato 20 settembre 2014

Barba e capelli

In occasione della notte dei 1000 racconti, un pezzo di Raimondo Quagliana che verrà letto al tavolo questa sera


Non mi taglio più la barba da trent'anni Da trenta lunghi anni la pelle del mio viso non vede la luce del sole ed è di colore pallido. Il colore della mia barba inizialmente era castano, con qualche punta di rossiccio, ma ora il bianco incalza, in peli singoli che si stanno coalizzando in ciuffi e si candidano a diventare i rappresentanti più numerosi della mia popolazione pilifera personale.
Come un genitore all'interno di ogni famiglia, riguardo la mia barba anch'io ho delle preferenze. Prediligo da sempre la parte del mento e la zona vicina all'attaccatura delle basette, martirizzata di continuo dalle stanghette degli occhiali che porto praticamente da quando ho imparato a leggere. I peli di queste comunità un po’ montane, sono tipi forti e rudi, arruffati quanto conviene, forse poco ospitali, ma spesso è solo un’impressione, perché poi ti ci trovi la sera a giocare a carte e ti ricredi. 

Situati ai confini estremi tra barba e capelli e orecchie, hanno problemi di identità, di bilinguismo e alcune controversie interne. Tanto che ciocche sparute di pochi elementi hanno tentato più volte di annettersi alla capigliatura, considerata una regione migliore sotto svariati aspetti. Dicono sia meno grave la pressione delle stanghette e meno frequenti i tagli. 

Alcuni di essi proprio non tollerano questa abitudine tutta umana di tagliare senza discrezionalità, pareggiando tutti alla stessa altezza. Hanno trovato il modo di dissimulare la loro presenza durante il passaggio del rasoio. Si acquattano silenziosi, arrotolandosi su sé stessi, assomigliano a serpenti in letargo, o a peli incarniti. Si appiattiscono sulla pelle pallida del volto, per evitare che il passaggio del pettine distanziatore li scovi e li porga alla lama. Tipi ribelli, insofferenti alla disciplina, abituati a trovare sempre soluzioni nuove per aggirare le burrasche della vita, sin da quando erano nel bulbo pilifero. È una questione genetica. Essi riescono più spesso degli altri a cavarsela, quando passa la lama a pareggiare i conti. Li vedi subito dopo ritornare dritti e impettiti a rovinare la silhouette del viso in controluce. Questo non lo sopporto, zac! con un colpo di forbice
La barba talvolta basta da sola a dare carattere a un volto, ti permette di riconoscerlo fra tanti, incute rispetto e timore. Molti ne fanno una ragione di vita. È gratificante dedicarsi alla propria barba, lisciarla nutrirla accudirla. Basta ricordarsi di non lasciarla mai sola in casa. Meno che mai abbandonarla sul ciglio di un lavabo, come fanno in tanti, all'inizio dell’estate, intimoriti per il troppo caldo. Tieni sempre presente che la barba sta con te senza chiederti niente in cambio, invecchia con te, e ti segue ovunque, fino alla fine. 
La stessa cosa non si potrà mai dire dei capelli, più liberi e diffidenti, ce lo insegna la storia. Pronti a scompigliarsi con il vento e girarsi dall'altra parte quando tu non vuoi. Perdi tempo ad addestrarli ogni mattina, con pettine spazzola e gel. Sono spiriti liberi, a loro basta il minimo indispensabile, un po’ di shampoo, un po’ di aria calda, poi vogliono farsi la vita loro. Tu invece ti ostini a offrirgli sempre il meglio, a soffocarli di premure, li accarezzi spesso, li coccoli, li arricci con il dito. E nel bel mezzo della vita, proprio quando ti sei affezionato, i capelli cominciano ad andarsene per i fatti loro. Prima a gruppetti di dieci/venti, iniziano ad attardarsi tra i denti del pettine, poi li trovi che fanno comunella sul cuscino. Tu li chiami, chiedi spiegazioni, e loro neanche ti rispondono, ingrati e diffidenti come sempre. Fino a quando ti lasciano solo. E tu, che non ti vuoi rassegnare, ti senti un amante abbandonato, vorresti fare di tutto per sostituirli, nel cuore e nella testa, ma tutti sanno che non è così facile. Non puoi sostituire i tuoi capelli con un peluche. Non sarà mai la stessa cosa. 
Questi, i capelli. Meglio non fidarsi troppo di loro. 
La barba invece ce l’ho da trent'anni non mi ha mai tradito. Ho sentito dire di una barba che, anche dopo la morte del suo padrone, lo ha aspettato per anni sulla soglia di casa. Non si muoveva da lì, per nessun motivo. Chi passava davanti al portoncino, vedendo la barba, ormai spelacchiata, grigia, opaca e pulciosa, diceva commosso: - Vedi, questa barba aspetta il suo padrone. La vorrei avere anch'io una barba così fedele. 

Raimondo Quagliana