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giovedì 27 novembre 2014

Fiamma nera

Provavo dolore. Un dolore insopportabile, indistinguibile, era il dolore della rabbia e della gelosia, un dolore a me solito. Non posso scordarmelo, ero nel pieno della guerra, un proiettile mi aveva perforato la giacca, ma non solo questa, aveva bucato la foto di lei, della mia amata Erza, penso di non aver mai provato tanta rabbia in vita mia, ricordo solo che il foro del proiettile si era chiuso, mi ero alzato e, lentamente, mi stavo incamminando verso il fuciliere oltre la trincea, gli arrivai a qualche centimetro dalla bocca di fuoco, provò a spararmi ancora e ancora, avevo la giubba coperta di sangue e fori di proiettili.


Gli afferrai il fucile e lo piegai verso di lui, per poi piantarglielo nella fronte, una gioia infinita.
Il suo sangue scorreva veloce sul mio braccio, aveva una strana reazione, si stava lentamente colorando di nero e pian piano si scaldava.
Iniziò a prendere fuoco, da lì bruciarono anche il fucile e il fuciliere, avevo capito che tutto ciò non era normale, non era possibile... E mi piaceva.
Vedevo la gente soffrire davanti a me.
Tremare per le mie gesta.
"Avanti luridi, soffrite, urlate!"
Continuavo ad gridarlo, gioivo della loro sofferenza, e più loro soffrivano più la fiamma nera che avevo al braccio si innalzava.
Tutto divenne noioso quando nessuno più era in campo, avevamo vinto, ero triste, non vedevo più espressioni tristi, non udivo più urla di paura.
Era tutto passato...ma almeno avrei rivisto Erza, il solo pensiero mi aveva calmato e rallegrato, la fiamma si era spenta, i fori di proiettile erano scomparsi lasciando il posto a delle cicatrici, i miei occhi erano finalmente sereni.



Poi l'impensabile, trovai Erza con un foro di pistola alla fronte, il sangue che le incorniciava il viso, i capelli scarlatti si mimetizzavano col sangue, il vestito saturo.
Non sopportavo quella visione, le fiamme iniziarono a sorgere dal mio braccio, erano imponenti, come la solitudine, come la morte, come colei che mi attendeva, fiamme possenti che circondarono tutto il mio corpo, iniziarono a bruciarmi da fuori, una morte indegna, pure lenta e dolorosa.

Tranquilla Erza, sto venendo, ti terrò caldo.

Benedetto Aricò