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mercoledì 14 gennaio 2015

Pesce da pozzanghera

Gli spazi lenti che inquadravano la televisione sembravano sopperire sotto lo sguardo dello spettatore viscido. Dentro il frigo, nella cucina angusta tappezzata di figurine dei Detroit Lions, scatolette di carne e sofficini ormai andati a male da settimane. Il prototipo del sogno americano è qui davanti a voi: alcuni vengono alla luce per portare a termine progetti straordinari, altri si fortificano per mezzo delle disgrazie riuscendo a innalzare la propria testa fin sopra i cieli, altri (del resto, quasi sempre) spappolati sotto il peso dei macigni più irritanti: la vita e il materialismo. 

Le ragioni per cui un uomo dovrebbe essere felice infinite sono pari alle stelle che si trovano in cielo. 
Non c’è scelta né mancanza di responsabilità nel vivere più autenticamente possibile. 
Mi ricordo ancora bene una volta, al parco giochi di Field park, degli usignoli rosicchiavano l’aria e la trascinavano, a forza, in fondo al petto rosso e scolorito. Correvo giocondo e spiravo le note di felicità dalla bocca e dal naso, come una furia impazzavo sotto il cielo e gli occhi verdi di mia madre. Acqua e pane fresco non bastarono per setacciare il mio spirito e il mio stomaco. Si stava da pesci in pozzanghera, lieti di assaporare una parte della minestra. Questo esempio di trattato mediceo, così vecchio eppure così nuovo, è l’esempio che voi siete dei figli di puttana. Se non aveste osato così tanto nella vostra vita io non sarei certamente nato. Tutte le preoccupazioni artificiali che costruisco con la nebbia mi scarnificano e divento pelle, il progresso ha sostituito l’istruzione alla prostituzione, i grandi palazzi che scorgete, ammirandone l’imponenza, sono frutto di menti malvagie e di milioni di morti, i cui cadaveri sono seppelliti sotto le cornee e in tutte le arterie del vostro corpo, che insaziabile vive. Per una vita lunga e duratura, uccidetevi. Vi assicuro che il vostro respiro si sentirà da ogni dove.




Emanuele Scaduto