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mercoledì 20 maggio 2015

AAS LAB: Arrostire

Da qualche giorno soffia uno scirocco leggero e costante. Di solito per la settimana santa il tempo è capriccioso, mi dice sempre mia madre, ma al venerdì, puntuale, arriva la pioggia. Secondo mia madre il cielo non riesce a trattenere più il pianto e sfoga il suo lutto tutto in una volta. Quest’anno no. È da lunedì che pascoliamo sotto una cappa d’afa. Perfino io, che in genere sono l’anima del clan, quello che va a inquietare gli altri, saltellandogli intorno fino a che si convincono a giocare (o a scacciami via a calci e testate), vedendo grandi e piccoli buttati a gruppi sparsi in mezzo al prato sparuto, non ho voglia di fare niente. Alcuni dei miei amici si radunano sotto la tettoia per cercare un po’ d’ombra, ma la lamiera è arroventata da questo sole crudele e indifferente. Ho sentito uno dei vecchi dire che questo caldo ci dà un assaggio di quello che saremo dopo.


Dall’abbeveratoio esce un filo d’acqua più sottile delle mie ciglia, la solita fanghiglia sul fondo è secca, c’è solo un cerchietto di lippo sotto alla canna dell’acqua. Abbiamo smesso di affollarci intorno a quel rubinetto inservibile, uno dei più piccoli l’altro giorno ha provato a succhiare qualche goccia bollente, bruciacchiandosi le labbra tenere sulle quali gli è rimasta una puzza inquietante che quando suo padre lo vide, si andò a isolare vicino alla staccionata, dando il didietro a tutti gli altri ed è rimasto là solo e scontroso da allora.

Stamattina ci fu una novità. Arrivò tutta la famiglia a rompere il silenzio dell’ovile. Il maschio adulto ha portato due bidoni e gli ho visto riempire i beverini. I suoi cuccioli (una femmina e un maschio) hanno preso due direzioni diverse: una si è spogliata e si è sdraiata sul muretto, tutta cosparsa di una cosa untuosa, l’altro, più piccolo, ha afferrato un ramo e andò dietro a suo padre.
La femmina adulta mi si avvicinò, mi prese in braccio e mi cominciò a coccolare. Mi ha stonato per un tempo infinito, raccontandomi un sacco di cose che mi hanno fatto sentire ancora più angosciato, una tortura a fuoco lento con quella voce monotona, ma intanto mi accarezzava e accarezzava, perciò non potevo che ascoltarla.
- Non ci poteva venire da solo qua. Per forza ci ha dovuto coinvolgere. Stavolta con la scusa che deve insegnare il mestiere a suo figlio. – con l’occasione ci facciamo una scampagnata – mi disse. Sempre idee graziose c’ha lui, come l’anno scorso, che organizzò un pic-nic per il 15 agosto. Bella idea! Destinazione Ficuzza. Mentre tutti gli altri nostri amici avevano scelto di andarsene a Mondello, noi al bosco. E noi sempre ci dobbiamo distinguere dagli altri! Invece del solito carnaio da spiaggia, preferì arroccarci fino quasi a Corleone: 60 chilometri di curve e tornanti con i bambini dietro a litigare e l’aria condizionata guasta, che ha che glielo dico di farla aggiustare già da maggio dell’anno scorso e ancora ti pare che lo fece? Proprio stamattina ci pensai, ché abbiamo patito in quella fornace per un’ora e mezza. Quello, poi, al solito, invece di guardare la strada mentre guida gioca con la radio… con tutti quanti sono, in quella macchina mi stava fondendo il cervello. Meglio buttare acqua sul fuoco e calmarsi, se no oggi va a finire a schifio. E ora al picciriddo, gli deve fare assistere alla scanna del crasto per la Pasquetta. A sette anni gli deve cominciare a fare vedere ‘ste scene.
Mentre la donna così si sfogava, ho visto il suo cucciolo scappare dalla stalla, con suo padre che da dentro gridava – vieni qua, che ti spiego la frollatura! –
Quel ragazzino dev’essere come me, va correndo a destra e a manca, ma ha lo sguardo allampanato, i capelli tesi come rami avvizziti e le guance più rosse delle mammelle di mia madre dopo che mi ha allattato. L’ho guardato menare colpi col bastone ai cespugli secchi, poi mi sono girato verso la ragazzina spiaccicata sul muretto – tutta rossa e bagnata, di certo stava squarando pure lei, il suo corpo sembrava fumare, ma restò immobile con due fili penzolanti dalle orecchie, se non fosse stato per quel piede che ruotava come uno spiedo, sarebbe sembrata morta. I grattini dietro le orecchie mi hanno costretto a chiudere gli occhi – che caldo! – mi stavo addormentando nella canicola.

Mi sveglio di botto. La donna si è alzata facendomi ruzzolare in malo modo. Mi arriva alle narici una puzza strana, mai l’avevo sentita, s’infila in gola, bruciandomela e mi fa lacrimare. Di colpo, tutto il gregge si mette a urlare e a muoversi in ogni direzione, stanno scappando tutti, a farli disperdere in ogni dove è una nuvola grigia rossastra, vampe arancioni si allungano ovunque e il grido della donna si confonde con quello di mia madre – Beeeppeeee…

Serena Giattina