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giovedì 15 ottobre 2015

Il calcio spiegato ai non credenti

Chi sostiene che Dio non esiste farà meglio a vedersi una partita.
Se la veda in santa pace, per capire e carpire i segreti dell'onnipotenza della fede.
Senza affliggervi con sermoni e litanie vi porto subito ad esempio il caso di Giacomo Ciminna.

Giacomo Ciminna fino all'età di dodici anni era un vero depravato, uno di quelli che gioiva ora per questa squadra, ora per quell'altra. Gli bastava vedere degli uomini correre dietro ad un pallone e, fossero stati pure i "Minchia ma comu jocanu chisti", lui andava in visibilio, saltellando come un grillo in primavera.
Quando suo padre lo portò a vedere la partita Palermo - Roma  fu proprio allo Stadio che ebbe l'illuminazione!
Quel giorno il Barbera straripava di tifosi, trombe, fumogeni e sciarpe rosa nero.
La vittoria praticamente in tasca. 
Dagli spalti, all'indirizzo dei nemici, si alzavano capolavori di cori ed epitaffi commoventi: "Morte alla Roma, morte alla Roma"!
Nessuna pietà, nessuna misericordia – i siciliani si sa, il sangue vogliono vedere!
«Vi manciamu cu l'uocchi e 'un lassamu mancu l'uossa.»
La Roma vinse contro ogni aspettativa.
Giacomo Ciminna, aveva contato ad uno ad uno i miracoli concessi a quella squadra: cecità improvvisa dell'arbitro che non riconobbe i tre rigori alla squadra di casa, inspiegabile azzoppamento del migliore attaccante palermitano che uscì in barella senza far ritorno, eclissi totale del portiere siculo, con conseguente insaccatura di goal a più non posso.
Giacomo Ciminna alla fine, mentre i tifosi uscivano in processione che parevano portare la sconfitta a spalla, si ritrovò inginocchiato, con le braccia alzate verso il cielo scoprendo così la sua vera fede.
«Dio c'è» gridò, concependo proprio in quel'istante la scritta che, vent'anni dopo, avrebbe dipinto sul suo lambrettino.  


Adelaide J Pellitteri