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lunedì 11 gennaio 2016

Hotel Trinacria - Il Gattopardo raccontato dalle cameriere

“Aveva preteso di ritornare per via di terra: decisione improvvida che il medico aveva cercato di combattere; ma lui aveva insistito e così imponente era ancora l'ombra del suo prestigio che la aveva spuntata;”  (Giuseppe Tomasi di Lampedusa)

Per me quando tutti quei gran signori sono arrivati qui all’Hotel Trinacria, lui, Don Fabrizio, tutto sommato stava ancora bene! Uhm, un poco pallido, magari qualche giramento di testa, ma lo sguardo ce lo aveva ancora acceso, soprattutto quando gli passava davanti qualche bella figlia: cameriera o nobildonna per lui non faceva nessuna differenza, questo sì!
In principio al direttore non gli sembrò vero di potere ospitare il Principe di Salina - bih si accomodi, bih che onore che ci fate - ma appena capì che c’era scanto di morte imminente diventò di un nervoso: nobiltà scaduta, andava dicendo, alla fine gli avrebbe dato solo camurrìe.
Però le cose giuste: gli mandò a chiamare il dottore, quello che sta dietro a santa Teresa; lo andò a prendere mio fratello col calessino, e meno male che non ci andò a piedi, perché era combinato così male che quasi quasi gli stava chiamando un medico pure a lui. Ma che poteva fare mischino? Quando arriva, arriva per tutti, pure per i principi! Però quando ho sentito la campanella del viatico mi venne da piangere: che ci posso fare, io sono così, vado a simpatia.
E poi neanche un’ora prima Don Fabrizio, con la scusa che voleva guardare il mare si era fatto portare sul balcone, ma io l’ho capito che era per uscirsene da quella stanza: non era adatta a lui, troppo modesta, male li trattò il direttore per questa cosa!
Io gli ho portato una bella brocca di acqua fresca col limone spremuto, e lo guardai in faccia per vedere come stava: se aveste visto come gli ridevano quegli occhi!
Però ci sono rimasta male quando ho capito che non era per me: nell’altro terrazzino una di queste damigelle che scendono dal continente per venire a prendere i bagni di mare, tutta vestita di bianco, chiacchierava allegra allegra con due gentiluomini amici suoi; si girava di continuo verso di noi, gesticolava tutta, buttava la testa all’indietro. 
Il Principe allora ha detto qualche cosa all’orecchio del nipote, quello che lo chiamava zione di continuo, ma io pure lo sentii!
Che cosa bella che disse, solo i signori le sanno dire certe cose:
- Caro Tancredi, quello che mi dispiace veramente è non potermelo portare appresso questo sorriso!

Giuseppe Pippo Visconti