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lunedì 18 aprile 2016

Portami gli occhiali - da La moglie di Pirandello

(puntate precedenti: Giovanna, dopo aver distrutto il servizio dei piatti rivela la sua identità, dice di essere Antonietta Portulano, moglie di Pirandello)

Tu sei pazza, Giovanna, tu sei pazza.
Lo dissi, in questo modo, con forza, potenza, cercando la voce giusta perché la mia asserzione diventasse inattaccabile, una verità enorme, massiccia, un monolite che si staglia dal suolo e non lascia altre interpretazioni sulla sua forma. Più che parole volevo che sembrassero una luce netta sul suo stato alterato, la rivelazione del suo stato, bisognava dirlo, non c’è molto da nascondere in questo caso, solo da prendere atto della realtà e trovare un rimedio, per lei, per me, per i piatti rimasti, per i piatti ormai rotti, per il cappottino avorio-panna, per i pomeriggi a venire.
Si fece una risata da film americano, sguaiata, enorme, fasulla, non una risata ma una cascata acuta, una nota acuminata, un uncino per le orecchie, un giudizio di valore sulla mia sentenza, un idrante che scaraventava acido per incidere sul totem che avevo eretto, ridere per sfottere, ridere perché il pazzo diventassi io, una provocazione per spingermi a dire dell’altro, come se il pazzo fossi io, come se la pazza non fosse lei, come se il suo comportamento non fosse altro che la diretta conseguenza, la sommatoria necessaria di una serie di addendi che lei – di certo – non aveva messo in fila, lei la funzione somma di tutte le azioni crudeli che il mondo le torceva contro e, intanto che la sua risata continuava, cresceva l’enfasi, la teatralità del suo gesto, gli occhi rossi, senz’altro avrebbe potuto afferrare altri oggetti per scaraventarli per terra, oppure dare una manata sul vetro, per romperlo e godere dei tagli sulla mano, una mano tagliata da portare al pronto soccorso, una mano da refertare, una minaccia che si materializza nel coinvolgimento di medici che scrivono ore diciotto, la qui presente Giovanna Principato, lesioni multiple alla mano destra da vetro, estrazione di cocci, chissà quanti punti. E l’ombra della violenza subita, del comportamento violento del marito, io, il marito che chissà cosa ha fatto e la moglie ora recita la parte di quella che è caduta dalle scale e ha rotto la vetrata, oppure è scivolata sul tavolino in vetro del salotto mentre passava lo straccio, chi ci crede a queste cose, nessuno, tutti sono furbi, tutti capiscono, tutti sanno che le cose vanno diversamente, tutte fandonie per nascondere l’ennesimo caso di violenza, avrebbero fatto di me un femminicida, uno che ha preso il vetro e lo ha disposto graziosamente nell’epidermide della mano della moglie, chissà come, forse prendendo la mano e premendola sui cocci, facendone una mano fachira, poco importa come, a questo puntava Giovanna, a darmi la certificazione di violento senza che lo fossi.
Giovanna?
(È uscita dalla stanza e si è messa a letto.)
Mi porteresti gli occhiali che ho lasciato in soggiorno?

Dal primo all’ultimo pezzo i piatti finirono nella spazzatura, Giovanna dispose sul letto tre libri aperti saltando dalla pagina di uno a quella di un altro, finendo per addormentarsi con gli occhiali inforcati e la luce accesa.

Non ricordo cosa preparai per cena, forse mangiai degli avanzi. Lei dormiva.

Giorgio D'Amato