Ero appena una ragazza. Trascorrevo il mio tempo nella bancarella di tiro a segno del Luna Park, intenta ad allineare lattine sui ripiani, pronte lì per essere colpite e buttate giù.
Preparavo i caricatori da porgere agli avventori di turno, con gesti misurati e ripetitivi.
La serata estiva era appesantita dal caldo, dalla gente che si avvicinava curiosa e dall'assordante frastuono.
Tutti tentavano di vincere il premio più ambito, il pupazzo più grande, un animale di pezza.
Girandomi, per porgere il caricatore ad un cliente, incrociai uno sguardo che mi sciolse.
Osservai le sue spalle, vigorose e perfette, con ostentata sicurezza imbracciò l'arma e con pochi colpi, decisi e mirati, buttò giù le lattine che una dopo l'altra caddero inermi.
Non avevo alcun dubbio che ce l'avrebbe fatta. Continuai a guardarlo mentre altero si allontanava con la sua scimmia dal sorriso beffardo, ed io lo segui, in quella terra di nessuno, libera,segreta e che a volte è dentro ciascuno di noi.
Ritornò nelle sere successive e nell'ultima, andai con lui, così, con la testa un po' spenta,decisa a seguire e ad assecondare la mia spinta emotiva. E fu passione intensa, che ci divorò fino a farci fondere l'uno nell'altra, con euforia, con voluttà.
Con sofferenza quando mi accorsi dell'esistenza dell'altra.
Pensavo che sarei riuscita a sopportare, volevo vivere il mio momento, ed ero pronta anche ad uccidere, per eliminare l'ostacolo che si frapponeva fra me e lui.
Non volevo confessarlo nemmeno a me stessa, ma pensai che avrei potuto farle del male, mi vergognavo ad ammettere di aver provato un impulso omicida.
Ho sottovalutato il rancore che covavo e che aspettava di esplodere.
Ostinata, tentai di andare avanti, virando fino al profondo dolore che le sue bugie patetiche e i suoi sotterfugi continuavano a provocarmi.
Mi accorgevo che scivolava dentro e fuori le sue esistenze. Impunito. Quella donna doveva scomparire. Di questo ero certa. Lui doveva rimanere mio.