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martedì 21 giugno 2016

Epicuro mi vuole bene - Scrivere New York


In fondo se siamo emozioni o un agglomerato di atomi cosa importa? Schiantiamoci, come particelle minuscole che creano dal casuale caos un ordine deciso. Epicuro mi vuole bene mentre decido di stendermi a terra, con l'ultima sigaretta che mi rimane.
La amo. Amo il fumo che soffoca i miei polmoni, che trattengo come se fosse fuoco che scalda mentre la città mi sovrasta. Guardo dal basso: e tutto, davvero, ogni cosa: è più grande di me. La contemplo, se mi fa troppa paura chiudo gli occhi e continuo ad aspirare la mia amata. Nessuno mi vede, ma da qua io vedo tutto. Sono orizzontale al mondo, perpendicolare ai passi, parallelo alle strade. Sono marciapiede e sono pedone, sono vivo e sono morto. Qualcuno voleva anche attraversarmi, casualmente, colpirmi. 
Ho deciso di fermarmi mentre tutti correvano, ho deciso di dormire dove nessuno dorme, di giorno, per terra, con la sigaretta in bocca. Non ricordo quando mi sono addormentato, quando è caduta l'ultima cenere, quando ho perso due dollari, ma ho impresso nella mente il momento in cui ho deciso di fermarmi e non fare come tutti gli altri. In quel momento ho creato qualcosa, lo so, perché mi sono scontrato con tutti; sono atomo in questo agglomerato urbano, sono Icaro in questa globalizzazione patriarcale; ho creato un uomo, sul ciglio della strada, ho partorito me stesso sotto una frettolosa società abortiva. E sono vedovo di una camel; Epicuro mi vuole bene. La gente non mi vede. 
Non ho più sigarette.

Alessio Castiglione