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martedì 22 novembre 2016

Caffè

Erano saliti in macchina per fare un giro, ci prendiamo un caffè sul lungomare, che è bello, non ci andiamo mai, diceva la moglie, ma non sembrava molto convinta, mentre lo diceva, che neanche a lei piacevano le bancarelle sul lungomare che vendevano tutto tranne che cose utili, e le famiglie che attraversavano il piazzale del lungomare invaso dalle bancarelle, in una transumanza stanca, si trascinavano i piedi tra le bucce di noccioline e di lupini, bambini e cani randagi a marcare il territorio, a lei non piacevano e nemmeno al marito.

Quindi non si erano fermati sul lungomare, avevano continuato a percorrere la litoranea, erano usciti dal paese a lasciarsi alle spalle la folla confusa, a sinistra la fila delle villette abusive che ostruivano la vista del mare, figlie dell’ingegno umano che si accoppia con la macchia mediterranea, autogeneratesi in maniera inspiegabile dalle foglie delle agavi dai fichidindia dalle ginestre, dagli scogli pizzuti. Poi lei aveva detto adesso puoi fermarti, torniamo indietro sul lungomare, che è bello, anche se non ci andiamo mai, proviamoci almeno stasera, chiudiamo gli occhi e non guardiamo le bancarelle delle cose inutili. Non si era fermato, avevano proseguito e superato il confine della provincia, il paesaggio cambiava ogni cinque chilometri, cambiava lo stile delle villette, le siepi i cancelli, non si vedeva il mare, ma lo sapevano che era lì dietro i muri di recinzione. Poi il caffè si erano fermati a prenderlo a Salerno che era già mattina, al distributore di benzina sulla statale, mentre lui era andato a pagare alla cassa, lei pensava come era confortante vivere in un paese così, che ci si poteva muovere da una parte e dall'altra a qualsiasi ora e trovare sempre un buon caffè.
Raimondo Quagliana