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giovedì 24 novembre 2016

Ho fatto l'amore con le Marlboro (avrei)

Un wurstel. Troppo lungo. Un sigaro. Corto ma grosso. Non rende l’idea. Una sigaretta. Ecco questo mi sono ritrovata fra le mani. Che impressione. Sotto quel pancione ingombrante, che rappresenta l’80% per cento della sua presenza su di me, penzola una sigaretta che, timidamente, si fa strada contro la gravità e contro anche le mie speranza erotiche, verso la mia parte più oscura e privata senza violarla. Una sigaretta nel buio. Fra le mani, in mezzo alle mie cosce.
Questo mi ricordo della buonanima. Non si può proprio dire che abbia fatto l’amore con lui. 
L’ho conosciuto ad un veglione di Capodanno a casa di amici dalle tante conoscenze. Lui era là, così apparentemente grande e grosso. Subito dopo che me l’hanno presentato, due coppe di spumante ad unire sorrisi ancora estranei, ho raccolto il suo sguardo caduto sulle mie tette appena velate dall’abito glitterato e  imbarazzante. Perché me lo sono messo? Proprio per quello, per farmele guardare, ovvio. Da lui, da un altro, da chi mi pareva attraente nella notte in cui se stai da sola ti ammazzi o t’incazzi con il destino che deve essere per forza più benevolo dell’anno prima. E per questo lo blandisci con le trasparenze, il destino che ha il viso di un uomo, il corpo, il pisello di un uomo. Lui per giunta era famoso, e solido. Mi ricordo un ballo stretta, quasi stritolata fra le braccia di Bud Spencer. Odore di sandalo, o Vetyver, non saprei. MI lusingava essere la prescelta di una celebrità, simpatico, ridanciano, galante. Non era un quarantenne deprivato di humor, educazione e palle. Lui mi ha aperto la portiera e mi ha fatto strada verso casa sua. E nel letto ha aspettato che fossi pronta a riceverlo, accarezzandomi con sapienza e non penetrandomi. Sicchè gliel’ho cercato fra le sue gambe e sotto la grande pancia. E mi sono ritrovata la sigaretta fra le mani. Che orrore. Mi sono rialzata e rivestita di corsa. 
“Dove vai?”. 
“Mi spiace. Non fumo”, gli ho risposto.

Marisa Vinci