Giorgio D’Amato fa il bis,
con questo nuovo libro edito da Mesogea e ancora una volta centra l’obiettivo
di svelare, all’interno di un racconto (incredibilmente reale) un inganno (realmente incredibile), quello dei titoli
tossici utilizzati dalle cosiddette “società veicolo” che offrono consulenza e
liquidità di denaro agli enti territoriali che vogliono “ristrutturare” i loro
debiti.
Siamo all’inizio del ventennio berlusconiano, al limite e dirimpettaio
di governi falliti e compromessi che fanno spazio al liberismo; e proprio a
questo scopo la legislazione italiana si correda di nuovi strumenti che offrono
agli speculatori mille e più occasioni di frode ai danni di qualsivoglia
cittadino e ente, inglobando l’uno e l’altro in un meccanismo che prevede
complicità ed accettazione, al fine di ottenere profitto. La politica è il
grande burattinaio, dunque, e tutti gli altri sono ingoiati dal sistema e resi
complici attivi o passivi.
Nel racconto oltre a
Germano, l’ideatore, colui che avvolge il gomitolo e tende i fili, c’è Rosanna,
la compagna che si fa avviluppare dalla trama e, intanto che ne viene
assorbita, impiega le sue capacità intellettuali per fornire gli strumenti
“formali” necessari alla realizzazione dei progetti del suo uomo. Il
personaggio finisce per rivelarsi una valida metafora del coinvolgimento di
tutta una società, quella italiana, che subisce la fascinazione di questo
progetto “politico” e che, sebbene all’inizio riluttante, finisce poi per abbracciarne
completamente gli scopi; è così che Rosanna, nascondendo dietro false
motivazioni la propria adesione, rimanda nel tempo il dare luce alla coscienza lasciandola
ad attendere dietro porte sbarrate che pochi hanno il coraggio di aprire o
addirittura di eliminare strappandole dai “cardini”.
Ma come è potuto accadere
tutto questo, ci chiediamo; in una società uscita dal decennio delle rivolte
giovanili/razziali/sociali/ contro il capitalismo….? E’ potuto accadere che
tagliata la testa al serpente esso si è riprodotto con mille altre, è accaduto
che le uova del serpente erano rimaste nascoste e protette dentro la testa di
chi nelle rivolte sociali aveva visto solo il fallimento dei suoi stessi autori
e aveva considerato “falliti” tutti coloro che coltivavano un briciolo di
“pensiero divergente”.
Di questo fallimento la
maggioranza ha voluto frettolosamente cancellare le tracce, togliersi di dosso
i vecchi stracci per sfoggiare camicie di seta. E i padri nel loro letto di
morte chiedono: “Germano che macchina ha?...E quanti soldi ha?...E comanda?”
Il romanzo risulta essere
pure un occasione per lo scrittore di esporci la sua “poetica”, quella che
D’Amato da anni cerca di far passare nei suoi laboratori di scrittura e
all’interno del gruppo Apertura a Strappo, la poetica del “lungo fluire lento e
scandito dei fraseggi che (…) riproducono l’apparente insensatezza
dell’oralità, percorsi che iniziano e non finiscono, argomenti lasciati in
attesa…e voci che si sovrappongono, interferiscono, si dissolvono l’una
nell’altra fino a quando, a sorpresa, uno spunto lasciato alla fermata
precedente, risale, impone il suo momento e si compie…”
Rosa La Camera